Una Chiesa italiana che è in profonda sintonia, spirituale e pastorale, con il Papa Francesco venuto “quasi dalla fine del mondo”. E non solo perché è il Vescovo di Roma e Primate d’Italia, ma soprattutto perché il suo stile pastorale nuovo sta visibilmente facendo breccia tra “vicini” e “lontani”: questo il filo conduttore che si può cogliere nella prolusione del card. Angelo Bagnasco ai lavori del Consiglio permanente della Cei apertisi il 23 settembre a Roma.
Incontro che è stato segnato sin dalle prime battute dalle “tre precise direttive” che Papa Francesco aveva consegnato alla Cei riunita in assemblea nel maggio scorso, quando abbracciò tutti i vescovi, a uno a uno, nella basilica di San Pietro i confratelli delle 226 diocesi italiane.
Ma il card. Bagnasco si è anche occupato degli aspetti culturali e spirituali di questo momento storico. Ha parlato di un “virus” che si è diffuso nel “suolo umano”, che lo sta impoverendo e svuotando di relazioni: questo virus è l’individualismo, “una radice avvelenata che non sempre è presa nella debita considerazione”. La condizione umana appare segnata da “una prospettiva autoreferenziale, insofferente ai legami”, che “porta con sé un carico di violenza che anche i drammatici fatti di cronaca, sempre più numerosi, testimoniano, a partire dalla violenza sulle donne”. Dentro questa realtà serve uno sforzo speciale per tornare a una “civile e serena convivenza”, recuperando “la cultura dell’incontro e dei legami” che un tempo “era il tessuto della vita e rendeva solida ed affidabile la società intera”.
Il Presidente della Cei ha collegato questa solidità al ruolo svolto dal “microcosmo della famiglia”, senza il quale “è impossibile vivere il macrocosmo della società e del mondo”. Del resto, la gravità della situazione è sotto gli occhi di tutti: “Non ci si può illudere che tutto sia nuovamente a portata di mano come prima. Grande impegno viene profuso dai responsabili della cosa pubblica, ma i proclamati segnali di ripresa non sembrano dare, finora, frutti concreti sul piano dell’occupazione, che è il primo, urgentissimo obiettivo. Ogni passo è benvenuto, ma l’ora esige una sempre più intensa e stabile concentrazione di energie, di collaborazioni, di sforzi congiunti senza distrazioni. Ogni atto irresponsabile, da qualunque parte provenga, passerà al giudizio della storia”, ha poi ribadito, alludendo alla delicata situazione politica e ai rischi di instabilità degli ultimi tempi.
Di fronte al dramma della disoccupazione, con il 37,3% dei giovani in cerca di lavoro e spesso costretti a emigrare, ha richiamato l’esigenza di sostenere in ogni modo la famiglia, a partire dallo strumento fiscale del “fattore famiglia” che permetterebbe la “restituzione di quanto la famiglia stessa produce in termini di benessere generale”. Il Cardinale ha poi ribadito l’insegnamento della Chiesa, riproposto anche dal Papa, sull’unione uomo-donna come struttura di base. “Il matrimonio non è la stessa cosa dell’unione di due persone dello stesso sesso” ma “distinguere non vuol dire discriminare. In ogni caso – ha continuato – nessuno dovrebbe discriminare, né tanto meno incriminare in alcun modo, chi sostenga ad esempio che la famiglia è solo quella tra un uomo e una donna fondata sul matrimonio, o che la dimensione sessuata è un fatto di natura e non di cultura”.
Sui giovani e l’annuncio del Vangelo, ha parlato in toni calorosi e commossi della Giornata mondiale della gioventù di Rio, che ha mostrato come “i giovani nella Chiesa ci sono, che Dio è presente nel mondo, che l’umanità ne sente il bisogno”, che “la Chiesa accompagna il cammino mettendosi in cammino con la gente”. Ha sottolineato la richiesta formulata dai giovani alla Chiesa di “stare con loro” e ha rimarcato la necessità di fare spazio ai giovani, che “non vogliono essere esclusi dall’avventura né della vita né della Chiesa” e che “vogliono imparare a vivere ‘decentrati’ su Cristo, sine glossa, sul Vangelo senza letture ideologiche né di tipo pelagiano, né di tipo gnostico, di vivere la Chiesa senza storture funzionaliste e clericalismi”.
Si è infine soffermato sui gravi e diffusi episodi di intolleranza e violenza verso i cristiani in tante parti del mondo, e ha richiamato il grave e persistente fenomeno dell’immigrazione, con la recente visita del Papa a Lampedusa, “meta di disperazione e di speranza per molti”.
Le richieste del Papa alla Cei
Le “indicazioni” che la Chiesa italiana ha avuto da Papa Francesco all’assemblea nel maggio scorso, riguardano – ha detto il card. Bagnasco – in particolare il “dialogo con le istituzioni culturali, sociali e politiche, che il Papa ha confermato essere compito di noi Vescovi; poi, come rendere forti le Conferenze episcopali regionali perché siano voci delle diverse realtà; e infine il numero delle diocesi italiane, tema sul quale ha lavorato un’apposita Commissione episcopale, su richiesta della competente Congregazione per i vescovi”. Sembrano tre punti “piccoli”, ma in realtà significano un impegno di notevole revisione della vita interna della Cei, del suo stile pastorale, del modo stesso di fare pronunciamenti ufficiali.