Caro don Verzini, ho notato che alcuni celebranti al momento della consacrazione si piegano sopra l’ostia e il vino per pronunciare le parole di consacrazione. La cosa non mi piace troppo perché mi pare…poco igienica. Perché lo fanno? E soprattutto, è necessario che si avvicinino tanto?
A. M. L.
Caro lettore, le uniche indicazioni nell’ Ordinamento generale del Messale romano e nelle rubriche dello stesso messale sono di pronunciare le parole del racconto d’istituzione: “Prendete, e mangiate tutti…” e “prendete, e bevetene tutti…”, in maniera chiara e distinta, inchinandosi leggermente. Chi però ha un po’ di memoria (mi riferisco ai più anziani) si ricorderà che durante la recita del Canone romano, unica preghiera eucaristica presente nel Messale comunemente detto “tridentino”, il sacerdote non solo recitava le parole della preghiera a bassa voce, ma alla pronuncia delle parole Hoc est enim corpus meum (Questo è il mio corpo…) e Hic est enim calix sanguinis mei (Questo è il calice del mio sangue…), con voce sommessa, chiara e distinta, si avvicinava con la bocca all’ostia, come poi al calice, di modo che le parole di Gesù fossero recitate “sopra” le due specie eucaristiche. Credo che sia per questo che lei ha notato alcuni sacerdoti avvicinare la bocca all’ostia e poi al calice. È necessario? Certo che no, anche perché, ripeto, come detto sopra, nel Messale attuale ci viene chiesto solo di inchinarci leggermente alla pronuncia delle parole del Signore proclamante nell’Ultima Cena. Ciò che lei ha quindi visto è l’utilizzo, per abitudine o per scelta, di una gestualità appartenente al modus celebrandi della liturgia romana anteriore alla riforma del 1970.