“Imitiamo, fratelli carissimi, le folle di Gerusalemme, che acclamavano Gesù, Re e Signore”. La Liturgia della Domenica delle Palme, da cui prendiamo le presenti esortazioni, ci invita a seguire Gesù “nel suo ingresso nella città santa” – ma anche, e soprattutto – “fino alla croce, per essere partecipi della sua risurrezione”. L’abbondanza delle letture di questa domenica (il Vangelo che precede la processione, i salmi da cantare, il normale lezionario e poi il passio) ci dice quanto la Chiesa abbia a cuore il mistero della passione, morte e risurrezione di Gesù Cristo: tanto da farci riascoltare, nell’arco di una settimana – alle Palme, appunto, ma poi anche con il Venerdì santo – lo stesso annuncio: il Figlio ha sofferto, ed è morto. Si rimane come sospesi per tutto il Sacro Triduo e bisognerà attendere fino a Pasqua per udire di nuovo che è risorto.
A ben vedere, però, non si tratta mai di un annuncio identico e con le stesse parole: se alla Domenica delle Palme viene proclamato, a seconda dell’anno, il Vangelo di Matteo (anno A), o quello di Marco (anno B), o quello di Luca (come quest’anno, anno C), nel giorno del Venerdì Santo invece sempre si ascolta la Passione secondo Giovanni. La Chiesa non ha mai voluto unificare la proclamazione del mistero della vita, morte e risurrezione del Cristo, scegliendo un solo vangelo: mai, ancora, ha voluto fare un “centone” dei quattro racconti, ma ha proposto ed accolto la diversità e le sfumature che sono presenti nei quattro vangeli. Il Vangelo, se è uno, ed è quello di Gesù Cristo, è però, come ci ricorda il Concilio Vaticano II nella Dei Verbum, “quadriforme” (n. 18).
Come il compianto vescovo e biblista Vittorio Fusco scriveva, alcuni nella Chiesa hanno fatto difficoltà inizialmente ad accettare la pluralità dei vangeli, particolarmente rispetto ad alcune questioni: si pensi ad es. – sempre secondo Fusco – ai problemi riguardanti proprio la cronologia della passione, che non erano passati inosservati nemmeno agli antichi. La tentazione era quella di “scegliere” un testo, ed uno solo. Ci ha provato Marcione, un eretico del secondo secolo, che accettava solo il Vangelo di Luca; anche Taziano tentò di aggirare il problema, fondendo in un’unica narrazione, il Diatessaron, i quattro vangeli. Un po’ come quando si legge oggi una “vita di Gesù” o si vede un film che unifica i vari testi evangelici. Ma questo andava a scapito della ricchezza di ciascun testo, e della prospettiva secondo la quale ogni evangelista ha elaborato la tradizione ricevuta su Gesù.
La scelta fatta dalla Chiesa è quella della ricchezza, dei diversi ritratti dei quattro vangeli. Non certo perché i vangeli presi singolarmente sono infedeli alla realtà, ma perché nessuno dei quattro vangeli è bastato per dire la pienezza del mistero di Cristo. Ecco perché nessuna opera letteraria (un romanzo) o scientifica o divulgativa (una vita di Gesù o un commento) o artistica (un quadro, un film); se vogliamo, nemmeno una rappresentazione sacra (come le tante della tradizione popolare tipiche della settimana santa) o della pietà cristiana (come il pio esercizio della Via crucis) potranno mai ridurre la ricchezza dell’ascolto di tutti e quattro i vangeli della Passione, morte e risurrezione. L’alternarsi dei quattro Vangeli nella lettura liturgica è di fatto la prova che la Chiesa ha scelto la pluralità e non il “concordismo”.
Nessun film, in particolare, potrà mai sostituirsi al Vangelo quadriforme. Ci potrà aiutare ad interrogarci sul mistero della redenzione, ma non sarà mai lo strumento che suscita o alimenta la fede, perché questa nasce solo dall’ascolto della Parola di Dio contenuta nelle Scritture e proclamata nella comunità cristiana. Quest’anno la Chiesa ci propone di seguire Gesù verso il Calvario secondo la prospettiva di Luca, prima, e quella di Giovanni, poi (come detto, nel Venerdì Santo).
Anche se Luca per l’ultima parte del suo Vangelo (Lc 19,29-24,53, quella che riguarda la morte e gloria di Gesù) utilizza la traccia e le informazioni che trova nel Vangelo di Marco, ha anche una prospettiva personale, quella di un Vangelo per i cristiani che vivevano fuori dalla Palestina in un nuovo contesto culturale rispetto a quello del giudaismo palestinese. Luca ha anche – per quanto riguarda il racconto del processo a Gesù – del materiale solo suo, che gli altri vangeli non riportano, come per esempio l’interrogatorio davanti ad Erode Antipa. Ascoltiamo dunque Luca, lasciamoci guidare quest’anno dal Terzo Vangelo, per riconoscere anche noi, come già i discepoli a Gerusalemme, che Gesù è il Messia, il re, il Figlio di Dio e Signore.