L’Umbria è in recessione. Aziende grandi, medie e piccole che chiudono, cassa integrazione in vertiginosa crescita nei primi mesi dell’anno ed in misura maggiore del resto d’Italia, in calo i consumi anche dei generi di prima necessità. Eppure in tanto buio c’è qualche luce. Sono quelle aziende di media dimensione che hanno puntato sull’eccellenza: esportano, guadagnano e creano posti di lavoro. Il Sole 24 Ore, il quotidiano economico più importante d’Italia, ha dedicato la scorsa settimana un suo inserto ad un ampio e dettagliato rapporto sull’economia in Umbria e su quella che definisce la crisi del made in Umbria. Una inchiesta con però anche tanti esempi di aziende e progetti che, se adeguatamente sostenuti dalla politica e dalle istituzioni, sembrano poter aprire nuove strade per risalire dalla china della crisi. Imprenditori, anche dei settori tradizionali, i quali sono stati in grado di inventare prodotti che si sono imposti sui mercati internazionali. Le nuove frontiere sono soprattutto quelle dell’economia verde, della produzione di energie alternative, dell’industria ecosostenibile, dei materiali speciali, dell’alta tecnologia e della meccanica avanzata. Settori nei quali l’Umbria non parte da zero. Uno dei limiti dell’economia umbra – secondo il quotidiano economico – è la carenza di medie imprese strutturate ed aperte ai mercati internazionali, quelle che meglio stanno reagendo alla recessione. Le tre tipologieDa una parte ci sono 46 multinazionali le cui strategie vengono decise altrove, indipendentemente dagli interessi del territorio. È il caso della Basell a Terni, che chiude uno stabilimento moderno, della Trafomec di Tavernelle ed anche della ThyssenKrupp a Terni. Dall’altra le 92 mila aziende umbre con meno di 10 addetti che vivono prevalentemente di subfornitura, molte con l’acqua alla gola, o che operano nell’edilizia, altro settore in grande difficoltà. In mezzo, le 195 società con più di 100 addetti e le 290 della fascia 50-1.000 dipendenti. Operano nei settori più disparati (automotive, agroalimentare, moda e maglieria, chimica, energia e cartotecnica) e tra loro ci sono quelle che, mettendosi in rete, con servizi in comune per sopperire alla fragilità delle loro dimensioni, riescono ad affrontare meglio la crisi salvando posti di lavoro e tenendo alta l’asticella della produzione. Il Polo aerospaziale dell’Umbria è un esempio di queste reti. Nato nel 2008, vi aderiscono 30 aziende, per un totale di 2.500 dipendenti e 500 milioni di fatturato. Molti laureati, ma …Il made in Umbria dipende soprattutto da queste aziende di media dimensione dopo che dal 2008 la produzione industriale (che rappresenta il 28 per cento del Pil regionale) ha perso nella regione un quinto del proprio valore. Anche la ricchezza assoluta – scrive il Sole 24 Ore – in termini di Pil pro capite è inferiore a quella media nazionale, così come i salari (meno 12 per cento, secondo l’Istat). L’Umbria è agli ultimi posti tra le regioni italiane per vocazione all’export ed ha un alto tasso di insolvenza, con 21,1 fallimenti ogni 10 mila imprese, percentuale superata solo da altre cinque regioni. Con due università ed un tasso di istruzione tra i più elevati d’Italia, ha invece un tasso di innovazione che è meno della metà della media nazionale. Eppure in un quadro di insieme così negativo è lungo l’elenco delle aziende “eccellenti” che si sono imposte sui mercati internazionali. Non solo i soliti nomi, come il “re del cachemire” Brunello Cucinelli appena sbarcato in Borsa, la azienda di moda Luisa Spagnoli con i suoi 153 negozi in Italia e 34 all’estero e le cantine di Caprai e Lungarotti che hanno fatto conoscere il vino umbro in tutto il mondo. “Una sedia per amico” Dal Sole 24 Ore si apprende, ad esempio, che la Meccanotecnica Umbra di Campello sul Clitunno, con un team di 700 persone e 70 milioni di fatturato, ha aperto stabilimenti anche in Brasile, Cina e Stati Uniti per la produzione delle sue guarnizioni high-tech per pompe d’acqua. La Officine meccaniche Galletti di Pontevalleceppi, alla periferia di Perugia, ha filiali in tutto il mondo e, nonostante la crisi edilizia, esporta l’80 per cento dei suoi miscelatori per il calcestruzzo. Si appresta ad assumere una decina di tecnici. “Ammesso che li trovi – ha dichiarato al quotidiano Paolo Galletti – perché non sono molti i giovani che vogliono fare questo mestiere”. La Ipi di Perugia opera nel settore del packaging (contenitori asettici). Occupa 150 persone ed esporta l’85 per cento della sua produzione anche in Thailandia e Corea del Nord. Il “Listone Giordano” conosciuto in tutto il mondo è prodotto dal gruppo Margaritelli di Perugia che ha cominciato la sua attività con le traversine di legno per le ferrovie e che oggi opera invece in diversi settori industriali: dai pavimenti in legno all’arredamento di interni, dalle barriere di sicurezza ed antirumore per opere stradali fino ai veicoli industriali. I suoi pavimenti lignei sono stati montati anche nel grattacielo più alto del mondo, il Buri Khalifa di Dubai. Forse sono in pochi a sapere che la seggiola da giardino raffigurata negli anni Sessanta sulla copertina del disco con la celebre canzone Una donna per amico di Lucio Battisti era nata nello stabilimento Emu di Marsciano. Da allora l’azienda di arredamento per esterni e giardini è continuata a crescere, ed oggi ha 150 dipendenti. Poi c’è anche il made in Umbria nel settore dell’energia pulita dove operano aziende innovative e che guardano al futuro come la Terni Research e la Angelantoni di Massa Martana. La prima è una holding con 160 dipendenti che controlla due società quotate alla Borsa di Milano. Si appresta ad installare impianti di fotovoltaico anche in Sudafrica, Grecia, Serbia e Romania. L’Angelantoni è una multinazionale umbra che si occupa di macchine per test spaziali, ultra-freddo, sistemi medicali di laboratorio, tecnologie verdi. In partnership con la potente Siemens ha avviato il progetto Archimede Solar Energy per tubi solari innovativi di grandi impianti che verranno installati anche in India e nel Nordafrica. A Pietrafitta la Silicon Valley alternativa“L’Umbria può e deve diventare un centro di innovazione ed esportazione di tecnologie di energia rinnovabile a livello mondiale” ha scritto sul Sole 24 Ore il prof. Carlo Andrea Bollino, docente universitario a Perugia ed alla Luiss di Roma. “Le energie pulite sono il vero futuro dello sviluppo sostenibile dell’Europa e sono occasione di sviluppo anche in Italia”. L’Umbria sembra infatti avere raccolto questa sfida con il progetto del centro di eccellenza delle energie rinnovabili di Pietrafitta, dove un tempo c’erano le miniere di lignite. Nell’area è stato già realizzato il Parco fotovoltaico della Valnestore, il più grande impianto umbro di questo tipo, che produce energia elettrica sufficiente per 1.300 famiglie. Occupa una superficie di più di sette ettari e mezzo di terreno, con cento chilometri di cavi elettrici, 16.620 pannelli sorretti da cinquemila pali. È il primo passo della realizzazione di questo polo dell’energia pulita messo a punto con la partecipazione di Confindustria, della Regione ed altri enti locali. Vi hanno aderito 57 imprese. Su un’area di 140 ettari sorgeranno laboratori e centri di ricerca per studiare, sperimentare e produrre prototipi. Una sorta di incubatore di imprese sostenibili. Una Silicon Valley dell’energia pulita. La presidente Marini“Il green ci faràresistere al declino” “Resistere al declino è importante, anche progettando nuove opportunità. Subiamo il volto negativo della crisi, vorremmo guardare anche qualche luce in fondo al tunnel”. Lo ha detto la governatrice Catiuscia Marini, chiudendo sabato scorso gli Stati generali dell’economia a Città di Castello. “Abbiamo una struttura produttiva forse da ripensare. Nei numeri della crisi sappiamo che il prezzo pagato è in relazione con la dimensione di impresa. Questo ci sospinge verso sinergie, sussidiarietà e azioni comuni per aggredire i mercati più adatti alla nostra offerta. I poli di innovazione, areospaziale, meccanica, meccatronica, intercettano risorse e superano alcune debolezze del nostro tessuto rispetto al contesto internazionale. Manifatturiero e piccola e media impresa – ha proseguito la Marini – sono un binomio per fondi e politiche strategiche, seguendo le strade che l’Europa ci indica: innovazione, economia della conoscenza, ricerca, energia ed economia verde accompagnati alle politiche sociali. Sull’economia green confluiranno l’80 per cento delle risorse per le piccole e medie imprese regionali”.
La parte sana e forte del “made in Umbria”
L’Umbria resta in recessione, ma ci sono aziende in crescita grazie a economia “verde”, innovazione ed esportazioni
AUTORE:
Enzo Ferrini