Entrano cantando e battendo le mani nella chiesa di San Francesco. Sui foulard si riesce a leggere una frase stampata: “Non lasciatevi rubare la speranza”, detta dal “Papa della svolta”, Francesco, come lo chiama Erica, 17 anni di Orvieto, insieme ai suoi amici Luca, Agostino e Francesca. “Abbiamo tanta fiducia in lui. In questi primi giorni ci ha parlato molte volte e sempre ci ha esortato ad andare avanti, a sperare, a fidarci di Gesù. Papa della svolta perché crediamo che tanti giovani potranno tornare nella Chiesa grazie a lui e al suo modo semplice e profondo di vivere e testimoniare la fede, senza rinunciare alla missione di rendere la Chiesa più credibile”.
Sul mega-schermo passano le immagini di Giovanni Paolo II, quelle di Benedetto XVI accolte da una grande, per certi versi inaspettata ovazione, di Papa Francesco. Crescono le provocazioni e le domande sollecitate dalle testimonianze di una coppia, Luca e Francesca, 4 figli, dell’associazione Comunità Giovanni XXIII che hanno scelto di “mettersi a fianco di chi ha più bisogno, non per donare qualcosa, ma per condividerne le esigenze. Non volevamo sopravvivere – aggiungono – ma vivere, e l’unico modo per farlo, ci siamo accorti, è stato quello di fidarsi di Gesù. Anche quando si è trattato di andare in Bosnia per lavorare in un manicomio abbandonato da tutti, o di fare entrare le periferie del mondo nella nostra casa. Oggi molti cercano di andare controcorrente, ma la vera sfida è cercare ‘un’altra corrente’ che per noi è stato Gesù”.I giovani ascoltano in silenzio. Fra’ Alessandro Brustenghi, voce ‘reclutata’ da una delle mayor più importanti al mondo, la Sony, per cantare le laudi francescane, racconta la sua conversione, passata attraverso il “mi fido di Te” nonostante la sua scarsa fiducia e incredulità in Dio. Don Riccardo Ceccobelli, vice direttore della Pastorale giovanile della diocesi di Orvieto-Todi, una vita vissuta tra sregolatezze e divertimenti di ogni genere, ricorda “lo sguardo di un bambino albanese che giocava felice tra i liquami della sua città, Durazzo” dove si era recato, dopo le insistenze di un suo amico, per dargli una mano. “Sorrideva, ed era felice, con quel poco che aveva. È in quel momento – dice – che sono passato dal ‘mi fido di me’ al ‘mi fido di Te’. Farmi prete non era in programma… fidarmi di Gesù mi ha portato a essere felice”. Andrea Granaroli, giovane di Terni, di professione impiegato, è affetto da tetraparesi spastica. Una condizione, quella in carrozzina, che lo costringe a fidarsi e ad affidarsi: “Per me credere, fidarsi di Dio, è una speranza non aleatoria, concreta, da tenere in piedi con tanti sacrifici, perché gli inciampi e le cadute non mancano. Mi dicono spesso che sperare nella mia condizione ha un valore maggiore. Non lo so, io dico che è una cosa normale, dipende dal cammino di ciascuno. La fede è un dono di Dio. Fidarsi di Dio è anche fidarsi dell’uomo. Testimoniare la fede? La semplicità, restare se stessi e ricercare il bene degli altri e non il male. La fede – conclude – si nutre anche di piccoli gesti come rispondere con un sorriso a chi viene al mattino allo sportello arrabbiato”. Ad Orvieto, Andrea è accompagnato da Marco Portarena. Per lui, “mi fido di Te è una provocazione che mi rivolgo ogni giorno. Se mancasse la fiducia, avremmo perso il senso della nostra vita. La fiducia, la fede ci muovono ogni giorno nella vita. Questa è la scommessa che cerchiamo di vincere quotidianamente”.