Parto da un piccolo fatto di cronaca locale per giungere ad una (malinconica) riflessione di portata generale. A Città di Castello, un istituto di studi storici locali, specializzato nella storia della Resistenza e dintorni, ha promosso una giornata di studi sul tema dei sacerdoti durante la guerra (la seconda guerra mondiale) nell’Alta Valle del Tevere; una seconda giornata ci sarà fra breve a Sansepolcro.
Grazie a una documentazione abbastanza ricca, si sono potuti ricordare i comportamenti, generosi spesso fino all’eroismo, di molti preti sotto la guida e l’esempio dei vescovi (Cipriani a Castello, Ghezzi a Sansepolcro). Un caso importante è stato quello di Beniamino Schivo, rettore del Seminario di Castello: nei momenti più duri aveva trasformato in ospedale da campo una parte del Seminario, e si meritò il titolo di “giusto fra le nazioni” per avere protetto e salvato alcuni ebrei perseguitati.
Ma il grosso della storia riguardava i parroci di campagna; quelli che nelle rispettive pievi erano il solo punto di riferimento e di soccorso di quelle popolazioni strette fra i bombardamenti degli anglo-americani, le vessazioni e le rappresaglie dei tedeschi in ritirata, e le azioni dei partigiani. Quei parroci, per lo più, appoggiavano la Resistenza (tanto che alcuni furono ufficialmente riconosciuti come partigiani o ‘patrioti’ cioè ausiliari) ma si sforzavano anche di interporsi per soccorrere il loro gregge e difenderlo da vendette, rappresaglie e spoliazioni. Belle pagine nella storia della Chiesa e del clero nella nostra terra. Perché dico che questi ricordi mi provocano un’acuta malinconia? Non solo perché quelle nobili figure di sacerdoti sono ormai tutte defunte; ma perché tutto quel mondo delle campagne e delle nostre montagne non c’è più.
Non ci sono più i parroci, non ci sono più le parrocchie, non ci sono più i parrocchiani; non c’è più quel senso di appartenenza e di comunità che legava tutte le famiglie che si ritrovavano sotto lo stesso campanile ora silenzioso e abbandonato come la rustica pieve. Rispetto ad allora, i comuni di Pietralunga e di Montone hanno perso più di metà della popolazione, quello di Monte Santa Maria ne ha perso più dei due terzi; chi abita più in località come Morena, Aggiglioni, Castelguelfo, i cui parroci furono protagonisti di quella storia? Era una storia di povertà e di fatica. Ma erano comunità vive.