Il personaggio
Catiuscia Marini è nata a Todi nel 1967. Diploma di maturità classica e laurea in Scienze politiche, indirizzo internazionale. Dal 1993 al 1998 ha svolto attività di ricerca in Scienze sociali. È dirigente di Legacoop Umbria. È stata membro dell’esecutivo nazionale della Sinistra giovanile. Consigliere comunale e vice sindaco di Todi dal 1990 al 1998, e sindaco dal 1998 al 2007. Negli anni 2008-2009 è stata parlamentare europeo (gruppo Pse). A novembre 2009 è chiamata da Pierluigi Bersani nella Segreteria nazionale del Pd.
L’8 febbraio 2010 vince le elezioni primarie del Pd Umbria e nel marzo 2010 è eletta Presidente della Regione Umbria con il 57,2% dei voti alla guida di una coalizione di centrosinistra.
Dal giugno 2010 è membro permanente del Comitato delle Regioni della Ue. Rappresenta la Conferenza delle Regioni italiane e delle Province autonome presso il Congresso dei poteri locali e regionali d’Europa (Cplre) per il biennio 2010-2012. Da ottobre 2011 è prima vice presidente del Partito socialista europeo del Comitato delle Regioni. Da molti anni si occupa di cooperazione internazionale.
L’Umbria ha tanti problemi. Alcuni sono comuni al resto del Paese altri sono specifici e propri della nostra realtà regionale. Come si deve interpretare la situazione presente e il prossimo futuro lo abbiamo voluto verificare direttamente attraverso alcune domande rivolte alla presidente Marini. Il lavoro in modo particolare è la prima preoccupazione degli italiani, e gli umbri non fanno differenza. È un problema per i giovani, ai quali il futuro sembra riservare poche chance, e lo è per chi dopo tanti anni perde il lavoro, e con esso la fonte di reddito con cui sosteneva tutta la famiglia. In piena campagna elettorale (la richiesta di questa intervista è nata prima che si definisse il quadro politico nazionale) il tema del lavoro mantiene la pole position, con i cittadini che chiedono alle istituzioni, nazionali e locali, di impegnarsi direttamente su questo fronte.
Questioni che abbiamo scelto di porre a Catiuscia Marini, eletta nel marzo 2010 alla presidenza della Regione dell’Umbria (succedendo, fatto unico in Italia, a un’altra donna, Maria Rita Lorenzetti).
Presidente Marini, ci vuole fare un bilancio di questa prima metà di legislatura alla presidenza della Regione Umbria?
“La nostra regione, come del resto l’Italia, ha vissuto e tuttora vive una fase difficilissima. In questi due anni e mezzo di legislatura la crisi economica ha colpito duramente, ed oggi moltissime famiglie, come l’intero sistema economico regionale, sono costrette a misurarsi con una situazione che permane difficile. Crisi economica, disoccupazione, crisi del bilancio dello Stato e quindi conti pubblici in sofferenza sono lo scenario entro cui la nostra regione ha dovuto muoversi. È come se stessimo navigando in un mare in tempesta e dobbiamo cercare di evitare che la barca affondi e portarla in acque più sicure. Ma non è facile. Consideriamo che proprio in questi ultimi due anni e mezzo sono state effettuate dal Governo ben sette ‘manovre’ che hanno determinato tagli drastici alla spesa pubblica soprattutto in settori importantissimi per la collettività: sanità, politiche sociali, trasporto pubblico locale, istruzione e ricerca.
Di fronte ad una situazione così difficile abbiamo voluto, come Giunta regionale, concentrare tutta la nostra attenzione sul delicato fronte delle crisi aziendali i cui numeri sono assolutamente esplicativi della gravità: il nostro assessorato allo Sviluppo economico sta seguendo oltre 120 crisi aziendali di piccole imprese, senza considerare poi le vertenze di grandi gruppi industriali come la Merloni, Novelli. A ciò si aggiungono le difficoltà di tantissimi artigiani, commercianti, operatori del turismo. Ecco perché il numero dei lavoratori in cassa integrazione nella nostra regione è altissimo. Non abbiamo però voluto rinunciare a fare la nostra parte sul versante degli investimenti, delle riforme, per stimolare per quanto possibile sviluppo e crescita economica. Ed abbiamo messo in atto un processo di riforme e di razionalizzazione della macchina amministrativa e conseguentemente della spesa pubblica, semplificando e riducendo enti ed agenzie regionali, dalla liquidazione delle Comunità montane, alla istituzione di una unica azienda di trasporto pubblico locale, la riforma del sistema sanitario regionale con la riduzione delle Aziende sanitarie da quattro a due, una legge per la semplificazione per sburocratizzare i procedimenti amministrativi sia per le imprese che per i cittadini”.
Il problema della disoccupazione, di quella giovanile in particolare, è l’emergenza numero uno della nostra regione. Quali strumenti avete già adottato e quali intendete prendere in questa delicata materia?
“In Umbria, è vero, il problema della disoccupazione giovanile è particolarmente grave perché interessa in maniera particolarmente elevata i giovani laureati e diplomati specializzati, per questo occorre fare in modo di dare risposte più efficaci a questa fascia di disoccupati o meglio inoccupati. Ed è per questo che l’impegno della Giunta regionale è e sarà indirizzato verso ogni tipo di azione e iniziativa che possano favorire il lavoro, e generare dunque occupazione. Certamente dobbiamo sforzarci ulteriormente, in particolare con riferimento al supporto ai giovani talenti che hanno idee di valore da sviluppare in termini commerciali. Abbiamo però in atto tutta una serie di interventi direttamente o indirettamente rivolti a favorire l’occupazione giovanile, come i contributi per stabilizzare i rapporti di lavoro precari, gli assegni di ricerca (circa 4 milioni) per finanziari progetti di ricerca ad opera di giovani presso aziende o enti di ricerca pubblici, assegni per le work experience, risorse (oltre 2 milioni) nell’ambito di un protocollo con l’Università di Perugia per dottorati di ricerca. Una serie di misure per realizzare il cosiddetto brain back, il rientro dall’estero di talenti e professionalità oggi costrette a dover espatriare per trovare lavoro. Oltre a questi interventi, direttamente riconducibili ai giovani, stiamo attuando un pacchetto di interventi che complessivamente mobiliterà risorse per 24.500.000 euro, con un’attivazione stimata di investimenti per oltre 75 milioni di euro, che supportano il sistema umbro delle imprese per favorire la crescita economica e quindi la creazione di nuovi posti di lavoro, anche a favore delle giovani generazioni”.
La crisi economica ha fatto crescere il numero di famiglie povere o a rischio povertà. La Regione ha un piano per contrastare il fenomeno? Come, e quanto ci investe?
“Sì, abbiamo un piano che punta, in un momento così difficile, innanzitutto al sostegno della famiglia. Abbiamo poi adottato specifiche misure per quelle in maggiore difficoltà ed a rischio di povertà. Insomma, non abbiamo voluto lasciare sole le famiglie. Vorrei però innanzitutto dire che il Governo ha azzerato il Fondo nazionale per queste politiche, ma nonostante ciò la Regione – grazie alle azioni di risparmio – è riuscita a fare la sua parte. Lo stanziamento di risorse previsto nella manovra di bilancio 2011-2013 per finanziare le misure a favore della famiglia ammonta a circa 33 milioni di euro, di cui 4 milioni per finanziare il comparto destinato alla non-autosufficienza, 10.511.000 euro per il Fondo sociale regionale, 3.205.953 euro per gli asili nido, 11.437.239 euro per l’istruzione, 2 milioni per le abitazioni in locazione, un milione 650 mila euro per l’abbattimento delle rette (tassa rifiuti e rette asili nido), 150.000 euro per contributi all’associazionismo familiare e agli oratori. Per i nuclei familiari più ‘vulnerabili’, invece, la Regione si è dotata di un quadro normativo ad hoc e ha messo in campo azioni e interventi con un pacchetto di risorse, 3 milioni di euro in due annualità, da destinare alla famiglia tramite lo strumento del contratto di sostegno. E sono risorse che provengono tutte dal bilancio regionale, visto che questo Governo e i precedenti hanno letteralmente azzerato i fondi destinati alle politiche sociali. Inoltre la Regione, con una sua legge, promuove e tutela la famiglia attraverso azioni, interventi e servizi rivolti a diverse finalità che vanno dal sostegno alle giovani coppie e alle nuove famiglie, al supporto per l’educazione e l’istruzione dei figli con particolare attenzione alle famiglie numerose e quelle gravate dai compiti di cura di familiari con disabilità o non autosufficienti, alla valorizzazione dell’associazionismo familiare e all’armonizzazione dei tempi di vita personale e professionale per conciliare gli impegni familiari con quelli lavorativi. Da non dimenticare poi il consistente impegno di risorse regionali, oltre 40 milioni di euro, per la cassa integrazione in deroga a favore dei tanti lavoratori espulsi dal mondo del lavoro. Interventi che rappresentano un indiretto sostegno alle famiglie”.
La sanità, mi passi l’espressione, è il core business della Regione, per la natura del servizio stesso e per il peso nel bilancio regionale. L’Umbria si dice “virtuosa” nella spesa sanitaria. Ci sono ancora margini di risparmio senza abbassare il servizio?
“Questa è una regione dove il servizio sanitario pubblico, universalistico, è di indiscussa qualità. Nella nostra Umbria vengono assicurati tutti i livelli essenziali di assistenza sanitaria. È dal 2007 che i nostri conti in materia di sanità sono in ordine. E tutto ciò, come si dice, ‘ad invarianza fiscale’. Vale a dire che non abbiamo mai imposto aumenti dell’Irpef regionale per finanziare la sanità o, peggio ancora, per coprire deficit. Tutto questo è stato possibile grazie ad una lunga e consolidata vocazione della Regione alla programmazione, soprattutto in un settore così importante come è appunto quello della sanità. Da anni abbiamo avviato – e realizzato – il riordino dei nostri presidi ospedalieri, tant’è che nel recente decreto Balduzzi sul taglio dei posti letto in tutta Italia, all’Umbria – tra le pochissime regioni in Italia – ne sono stati assegnati di aggiuntivi. Così come hanno contribuito alla nostra ‘virtuosità’ l’efficacia dei modelli gestionali delle nostre aziende sanitarie, le nostre politiche di acquisto di beni e servizi, il controllo rigorosissimo della spesa farmaceutica, gli investimenti in strumenti e tecnologie di alta qualità. Ciò nonostante proprio la sanità pubblica sia stato il settore più penalizzato dai tagli dei Governi di Berlusconi prima e Monti ora, con una diminuzione del Fondo sanitario nazionale di 30 miliardi e che per la prima volta quest’anno avrà il segno meno, vale a dire sarà inferiore a quello degli anni precedenti. Certo, si può e si deve fare di più e come Giunta regionale ci sentiamo impegnati in questo. In ogni caso per noi l’universalità del servizio sanitario, l’appropriatezza delle sue prestazioni restano un punto imprescindibile. E vorrei invece lanciare una sfida al prossimo Governo del Paese per un vero cambiamento: tornare ad assumere la salute, e dunque l’offerta sanitaria, come un valore fondamentale della nostra società, guardando a ciò che vi è dietro, ai diritti di ogni cittadino, e a pensare che c’è una spesa, quella per la sanità, che oltre a garantire la salute delle persone, può anche far bene all’economia”.
L’Umbria, da sempre terra di tanti campanili, ha trovato nella candidatura di PerugiAssisi 2019 un collante importante per impostare una strategia di valorizzazione delle tante potenzialità di tutta la regione. Quale ruolo può giocare la Regione nel supportarla?
“Vorrei innanzitutto dire che la candidatura di PerugiAssisi a Capitale europea della cultura rappresenta una straordinaria opportunità non solo per queste due città, ma per l’Umbria intera. Una opportunità di sviluppo che dobbiamo saper cogliere, al di là della candidatura in sé che rappresenta comunque una sfida. Quanto al nostro ruolo, esso è effettivamente importante. Tant’è che proprio come Regione abbiamo favorito e sostenuto la nascita della Fondazione che ci permetterà di creare relazioni interne con imprenditori, banche, associazioni e relazioni nazionali e internazionali di supporto per realizzare alcuni eventi tesi alla promozione della nostra candidatura. Crediamo in questo progetto perché l’idea di presentare la candidatura di PerugiAssisi rappresenta anche un pezzo del progetto di sviluppo della regione nel suo complesso. Il successo della nostra candidatura sarà tanto più possibile quanto più sapremo tutti insieme, superando appunto ciò che lei ha definito ‘i tanti campanili’, compiere ogni sforzo per vincere questa scommessa”.
Al momento la riforma delle Province è rinviata alle decisioni del Parlamento che sarà eletto. Cosa ne pensa della proposta del presidente della Provincia di Perugia, Guasticchi, secondo cui sarebbe meglio rivedere dimensioni e funzioni delle Regioni più che delle Province?
“Su questo tema mi aspetto dal nuovo Governo e dal nuovo Parlamento che affronti davvero una grande riforma degli enti territoriali, perché questo è un elemento di grande rilevanza per il sistema-Paese. L’Umbria, come l’Italia di oggi, sono diverse dal 1948, anno di nascita della Repubblica; e sono diverse dal 1970, quando furono istituiti gli Enti regionali. Abbiamo ora l’assoluta necessità di una semplificazione dell’assetto istituzionale territoriale del Paese. Soprattutto dobbiamo sapere con esattezza e chiarezza chi fa che cosa. Penso però che, nel caso dell’Umbria, pur con tutti i suoi limiti, la Regione abbia rappresentato un punto di riferimento strategico per lo sviluppo complessivo della nostra comunità, grazie alle politiche di sviluppo che sono state realizzate, grazie alle quali oggi in Umbria il livello di coesione sociale e qualità della vita sono un punto certo. Abbiamo però ancora bisogno di un ente territoriale capace di realizzare e sostenere nuove politiche per lo sviluppo locale, magari più orientate verso le reti dei servizi ai cittadini. anche che serva più integrazione e cooperazione,motivo per il quale sono anche interessata ad una riflessione comune con le regioni del centro Italia soprattutto sui temi dell’internazionalizzazione delle imprese, della ricerca e dell’innovazione. Oggi abbiamo bisogno di fare rete, di non essere chiusi in noi stessi”.