“Con dolore informo che il Papa Emerito, Benedetto XVI, è deceduto oggi alle ore 9:34, nel Monastero Mater Ecclesiae in Vaticano. Non appena possibile seguiranno ulteriori informazioni”. Ad annunciarlo ai giornalisti e al mondo è stato il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Matteo Bruni. Dalla mattina di lunedì prossimo, 2 gennaio, il corpo del Papa emerito sarà nella Basilica di San Pietro in Vaticano per il saluto dei fedeli. I funerali saranno celebrati giovedì 5 gennaio, alle 9.30, in piazza San Pietro e saranno presieduti da Papa Francesco.
Serenamente verso il Signore
È morto serenamente, nella sua stanza al primo piano del Monastero Mater Ecclesiae all’interno dei Giardini Vaticani, assistito dal suo segretario particolare e Prefetto della Casa Pontificia, mons. Georg Gaenswein, e dalle quattro laiche consacrate Memores Domini che erano al suo fianco già durante i suoi otto anni di pontificato, cui sono seguiti quasi sette anni di vita a servizio della Chiesa “nascosto al mondo”, come lui stesso aveva annunciato con la storica rinuncia dell’11 febbraio 2013.
La preghiera chiesta da Papa Francesco
L’allarme per le condizioni di salute di Joseph Ratzinger, che avrebbe compiuto 96 anni il prossimo 16 aprile, era cominciato in tutto il mondo dopo le parole pronunciate da Papa Francesco, al termine dell’udienza generale del 28 dicembre: “Vorrei chiedere a tutti voi una preghiera speciale per il Papa emerito Benedetto, che nel silenzio sta sostenendo la Chiesa. Ricordarlo: è molto malato chiedendo al Signore che lo consoli e lo sostenga in questa testimonianza di amore alla Chiesa fino alla fine”.
Le conferme dell’aggravamento
“Posso confermare che nelle ultime ore si è verificato un aggravamento dovuto all’avanzare dell’età”, aveva dichiarato ai giornalisti poche ore dopo il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Matteo Bruni: “La situazione al momento resta sotto controllo, seguita costantemente dai medici. Al termine dell’udienza generale Papa Francesco si è recato al monastero Mater Ecclesiae per visitare Benedetto XVI. Ci uniamo a lui nella preghiera per il Papa emerito”.
Più confortante il bollettino del portavoce vaticano relativo al giorno dopo, 29 dicembre: “Il Papa emerito è riuscito a riposare bene la notte scorsa, è assolutamente lucido e vigile e oggi, pur restando gravi le sue condizioni, la situazione al momento è stabile. Papa Francesco rinnova l’invito a pregare per lui e ad accompagnarlo in queste ore difficili”.
La stampa tedesca, nello stesso giorno, aveva fatto sapere come il Papa emerito avesse rifiutato il ricovero in ospedale per poter rimanere in quella che in questi quasi dieci anni è stata la sua casa. L’ultimo bollettino medico del portavoce vaticano, prima dell’annuncio della morte di stamattina, risale a ieri alle 15: “”La scorsa notte il Papa emerito ha potuto riposare bene. Anche ieri pomeriggio ha partecipato alla celebrazione della Santa Messa nella sua camera. Allo stato attuale la sua condizione è stazionaria”.
Una morte naturale e “attesa”
Quella di Joseph Ratzinger, dunque, è stata una morte naturale dovuta all’avanzare dell’età: un appuntamento a cui il Papa tedesco, pastore mite e forte dalla fede granitica, si era adeguatamente preparato, come aveva già confidato al suo biografo, Peeter Seewald, nel 2016, nel suo libro “Ultime conversazioni”: “Bisogna prepararsi alla morte. Non nel senso di compiere certi atti, ma di vivere preparandosi a superare l’ultimo esame di fronte a Dio. Ad abbandonare questo mondo e trovarsi davanti a Lui e ai santi, agli amici e ai nemici. A, diciamo, accettare la finitezza di questa vita e mettersi in cammino per giungere al cospetto di Dio. Cerco di farlo pensando sempre che la fine si avvicina. Cercando di prepararmi a quel momento e soprattutto tenendolo sempre presente. L’importante non è immaginarselo, ma vivere nella consapevolezza che tutta la vita tende a questo incontro”.
La scelta di vivere “nascosto al mondo”
“La Chiesa è viva!”. È l’udienza n° 348 del pontificato, l’ultima udienza generale prima di rendere effettiva, a Castel Gandolfo, la scelta di vivere “nascosto al mondo”, annunciata l’11 febbraio davanti ai cardinali, in un Concistoro che si è rivelato senza precedenti nella storia della Chiesa dell’ultimo secolo. Benedetto XVI, il 27 febbraio 2013, pronuncia questa frase, in una piazza San Pietro che è un fiume in piena – le stime ufficiali parlano di 150mila persone, ma mentre l’udienza generale è ancora in corso via della Conciliazione si trasforma in una processione interminabile di volti – e la memoria va ad una delle prime esclamazioni del Papa tedesco: la stessa frase, infatti, l’aveva pronunciata il 24 aprile di otto anni prima, nella sua prima Messa da successore al soglio di Pietro.
La coerenza di Papa Ratzinger
Oggi che Joseph Ratzinger chiude la sua lunga esistenza terrena, a chi ha avuto il dono di seguire e di raccontare tutto il suo pontificato viene in mente una parola su tutte: coerenza. La stessa piazza che ha visto l’inizio e la fine del ministero petrino, a otto anni di distanza, registra la cifra di un papato che si può riassumere nell’abbandono sereno, fiducioso e gioioso alla volontà del Padre. A partire da una certezza: “Dio guida la sua Chiesa, la sorregge sempre e anche soprattutto nei momenti difficili”. “La Chiesa è viva”, è “un noi”, come aveva spiegato Benedetto nell’omelia della Messa delle Ceneri, pochi giorni prima del commiato davanti al suo popolo.
“Qui si può toccare con mano che cosa sia la Chiesa: non un’organizzazione, non un’associazione per fini religiosi e umanitari, ma un corpo vivo, una comunione di fratelli e sorelle nel Corpo di Gesù Cristo, che ci unisce tutti. Sperimentare la Chiesa in questo modo e poter quasi toccare con le mani la forza della sua verità e del suo amore, è motivo di gioia, in un tempo in cui tanti parlano del suo declino”. Parole, queste, che risultano ancora di grandissima attualità, sotto il pontificato del suo successore, Papa Francesco.
Il Papa teologo che ha saputo ascoltare
In otto anni, durante le udienze generali del mercoledì Benedetto XVI ha incontrato più di 5 milioni di fedeli: sono state uno splendido esempio di questo sapiente esercizio di ascolto che un Papa teologo, ingiustamente e riduttivamente ingabbiato in un cliché mediatico d’intellettuale rigido e distaccato, ha saputo esercitare grazie alla capacità di entrare nel cuore della gente. I grandi media, spesso, non lo hanno capito; ma per chi, in questi otto anni, ha avuto il privilegio di poter fare un’informazione pensata e non gridata, non alla ricerca dello “scoop” a tutti i costi ma rispettosa del pensiero del Santo Padre, l’appuntamento del mercoledì con Joseph Ratzinger è stato una boccata d’ossigeno. La notizia c’era sempre. A dettarne il titolo, il distillato del magistero di un Papa che ha saputo sempre andare all’essenziale.
“Grundlich”, si dice in tedesco con un’espressione quasi intraducibile in italiano, ma ha a che fare con il dono di andare fino in fondo, perché alla base di ogni scelta – fatta sempre al cospetto di Dio e interrogando nel profondo la propria coscienza – c’è la roccia della fede che non delude. Altro che fuga, altro che abbandono: “Non ritorno alla vita privata, a una vita di viaggi, incontri, conferenze. Non abbandono la Croce, ma resto in modo nuovo presso il Signore crocifisso. Non porto più la potestà dell’ufficio per il governo della Chiesa, ma nel servizio della preghiera resto, per così dire, nel recinto di San Pietro”, le parole usate quel 27 febbraio per spiegare ai fedeli, come ha fatto più volte nei suoi ultimi giorni da Papa, il senso autentico della sua rinuncia al ministero petrino.
Pontefice di una Chiesa nella “tempesta”
Durante il suo pontificato, in uno dei momenti più travagliati della storia recente della Chiesa, alle prese con questioni come lo scandalo degli abusi, “Vatileaks” o il caso Williamson, Benedetto XVI è stato un Papa che, a leggere in profondità, non ha fatto altro che declinare da par suo – nelle sue infinite e ricche sfumature, offrendo ogni volta una “summa” della fede – un unico grande discorso: portare Dio agli uomini e gli uomini a Dio, rendere presente Cristo in questo mondo e mostrare al mondo che, con Lui o senza di Lui, cambia tutto.
In dialogo anche con chi non ha fede
È il filo conduttore, oltre che dei suoi pronunciamenti magisteriali, anche dei suoi tre poderosi volumi su “Gesù di Nazareth”. L’invito, rivolto anche a chi non ha il dono della fede, è quello – ripetuto in tutto il pontificato – ad “allargare gli spazi della razionalità”, per mostrare ai nostri contemporanei tutta la plausibilità della fede cristiana come risposta ai desideri più autentici che albergano nel cuore dell’uomo.
Di qui la priorità dell’ecumenismo e della lezione del Concilio, di cui in un testo inedito pubblicato da “L’Osservatore Romano”, riassumendone l’eredità, aveva scritto: “Il cristianesimo deve stare nel presente per potere dare forma al futuro. Affinché potesse tornare a essere una forza che modella il domani. Giovanni XXIII aveva convocato il Concilio senza indicargli problemi concreti o programmi. Fu questa la grandezza e al tempo stesso la difficoltà che si presentava all’assemblea ecclesiale”.
Una Chiesa affidata al suo Signore
Nella sua ultima udienza generale, con la sua straordinaria capacità di sintesi, Benedetto XVI ha descritto in questo modo i suoi otto anni di pontificato: “Il Signore ci ha donato tanti giorni di sole e di brezza leggera, giorni in cui la pesca è stata abbondante; vi sono stati anche momenti in cui le acque erano agitate e il vento contrario, come in tutta la storia della Chiesa, e il Signore sembrava dormire. Ma ho sempre saputo che in quella barca c’è il Signore e ho sempre saputo che la barca della Chiesa non è mia, non è nostra, ma è sua. E il Signore non la lascia affondare; è Lui che la conduce, certamente anche attraverso gli uomini che ha scelto, perché così ha voluto. Questa è stata ed è una certezza, che nulla può offuscare”.
Di fronte al “giudice della mia vita”
“Ben presto mi troverò di fronte al giudice della mia vita”, le parole affidate alla lettera scritta all’indomani del Rapporto sugli abusi nell’arcidiocesi di Monaco e Frisinga, la sua diocesi, l’8 febbraio 2022: “Anche se nel guardare indietro alla mia lunga vita posso avere tanto motivo di spavento e paura, sono comunque con l’animo lieto perché confido fermamente che il Signore non è solo il giudice giusto, ma al contempo l’amico e il fratello che ha già patito egli stesso le mie insufficienze e perciò, in quanto giudice, è al contempo mio avvocato (Paraclito). In vista dell’ora del giudizio mi viene così chiara la grazia dell’essere cristiano. L’essere cristiano mi dona la conoscenza, di più, l’amicizia con il giudice della mia vita e mi consente di attraversare con fiducia la porta oscura della morte”.
Niente, come queste parole, restituisce la cifra di Benedetto XVI: la sua imperturbabile serenità, quella di un “pastore mite e forte”, così come si è definito nel momento in cui si accingeva a prendere il timone della barca. “La Chiesa è viva”, e con essa l’eredità di Joseph Ratzinger.
M.N. – N.M.N. (agenzia Sir)