La celebrazione della Giornata mondiale del rifugiato (20 giugno), a 60 anni dalla Convenzione di Ginevra sullo status del rifugiato, è caduta nel mezzo di una tragedia umanitaria che colpisce molti Paesi africani e dell’Asia: con gli occhi a Lampedusa dove, dall’inizio dell’anno, sono sbarcate drammaticamente 40.000 persone, uomini soprattutto, ma anche donne e bambini, almeno 17.000 dei quali profughi; con il ricordo per almeno 1.800 persone che hanno trovato nella fuga la loro morte nel Mediterraneo, porta d’ingresso in Italia e in Europa. Per questo – come recitava lo slogan della Giornata – “La loro storia è la nostra storia”. Durante la visita pastorale a San Marino, Benedetto XVI ha affermato che occorre “garantire accoglienza e degne condizioni di vita ai rifugiati, in attesa che possano ritornare in Patria liberamente e in sicurezza”. Anche i Vescovi italiani e il Presidente della Repubblica sono intervenuti per dire che non possiamo rimanere indifferenti a una tragedia che colpisce molti nostri fratelli, cittadini del mondo. Non possiamo abituarci a una sofferenza, a una morte che colpisce molti innocenti. Non possiamo non tutelare coloro che fuggono da guerre, persecuzioni, dopo anche anni di carcerazione e deportazione. “La loro storia è la nostra storia”. L’Italia non può pensare il proprio futuro, senza costruire prospettive di tutela e protezione internazionale di molte persone in fuga, senza una rete strutturata e organica di accoglienza, senza una specifica legge sull’asilo e la protezione internazionale. L’Europa non può abbandonare i Paesi del proprio confine a una gestione improvvisata, provvisoria di un flusso di rifugiati e richiedenti asilo, destinato a crescere. Il nostro Paese non può dimenticare che in diverse stagioni dei 150 anni della propria storia, che quest’anno celebra, molti uomini di cultura, politici, famiglie, uomini e donne, giovani hanno trovato rifugio e protezione in altri Paesi, in altre regioni. Il diritto d’asilo rimane uno strumento fondamentale per costruire democrazia, e non può essere salvaguardato oggi senza un impegno e una prospettiva giuridica condivisa a livello europeo e internazionale. La Giornata di quest’anno incrociava, pertanto la storia e la cronaca, pagine di ieri e pagine di oggi, e invitava a costruire percorsi innovativi di protezione internazionale per almeno 43 milioni di persone in fuga nel mondo, un milione e mezzo dei quali hanno trovato protezione nell’Unione europea e 55.000 in Italia. Una Giornata che guardava a tutti questi volti, con storie differenti, ma unite da forme diverse – guerra, disastri ambientali, persecuzione religiosa e politica – che hanno costretto ad abbandonare la propria casa, il proprio Paese. Storie di fragilità e di precarietà che invocano la responsabilità di tutti, cittadini e istituzioni, ricordando il dettato costituzionale che afferma: “Lo straniero, al quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge” (Costituzione italiana, art. 10, comma 3).