di Angelo M. Fanucci
L’impegno che, nel rapportarci al mondo nel quale viviamo, per capirlo davvero, ci addita padre Sosa: quello di assumere il riconoscimento delle differenze come punto di partenza della rivelazione di Dio, ci dice quanto grande sia stato il passo in avanti compiuto dalla Chiesa nel Concilio Vaticano II quando, per ripensarlo con le proprie categorie, ha fatto suo uno dei punti forti della cultura liberale, il primato della coscienza. Non è stata soltanto la vittoria di quell’antropocentrismo cristiano che veniva proposto fin dai tempi del primo Umanesimo fiorentino (Marsilio Ficino); non è stata solo il rilancio, su base teologicamente granitica, della suprema dignità dell’uomo, di ogni uomo (Erasmo da Rotterdam).
No, è stato molto di più. La Chiesa ha rivisitato in radice il proprio servizio al mondo, che non precede più, ma segue e accompagna il rapporto che Dio ha aperto fra sé e l’uomo quando l’ha creato, quando gli ha donato lo Spirito come caparra dell’esperienza pregressa.
La coscienza di per sé è pura possibilità di individuare qui o là la presenza della verità e del bene. La grazia di Dio entra in contatto con la coscienza dell’uomo e le avanza le sue proposte. Su questa base le scelte della coscienza umana si precisano, si affermano, si negano, si rilanciano: è il cammino della salvezza.
Il n. 4015 di La civiltà cattolica ha titolato il primo articolo a commento del viaggio di Papa Francesco in Colombia nel 2017 (il ventesimo compiuto da quest’uomo che sembra snobbare la sua età, ufficialmente vecchiaia) La grazia non è un’ideologia; e nell’articolo immediatamente successivo, quasi a riposta all’interrogativo rimasto sospeso in aria (se non è un’ideologia, che cos’è la grazia?) padre Juan Carlos Scannone titola: Discernere e accompagnare.
La grazia non è un’ideologia, ma un evento che riguarda ogni uomo; e ha la sua verità ultima nel profondo, ma affiora in continuazione nell’esperienza concreta della vita umana. È l’ultima frontiera, quella decisiva, del rapporto di Dio con l’uomo. Dio l’ha creato, gli ha messo a disposizione il proprio Figlio per aiutarlo a capire quale fosse il senso di quel mondo che non aveva fatto lui, l’ha invitato a entrare nel grande Popolo che cammina e canta anche quando la cattiveria e la morte tenterebbero di impedirglielo.
Adesso sono faccia a faccia. Dio fornisce all’uomo quanto gli serve per discernere il bene dal male, il meno bene dal meno male, il più bene dal meno bene: lo aiuta a discernere, non si sostituisce a lui; lo accompagna, non se lo carica sulle spalle. L’esito finale dell’evento lo conosceremo solo quando, come preannuncia Paolo, Dio sarà tutto in tutti – come lo è sempre stato fin dall’inizio dei tempi.
Su questa trama teologica si struttura la pastorale di Papa Francesco. Discernere e accompagnare. Aiutare ogni figlio di Dio a riconoscersi tale, anche coi nomi più diversi, per la vita nuova che sente fremere dentro di sé. Sai che festa sarebbe se Eugenio Scalfari o Alessandro Cecchi Paone si facessero battezzare nel battistero di San Giovanni in Fonte, a piazza del Laterano!
Bah! A parte l’aspetto sacramentale, sarebbe solo la cornice esterna d’un evento che è già accaduto.