Mi è capitato più volte in questi ultimi tempi di trovarmi a dialogare con personaggi di altre fedi religiose e ho cercato di comportarmi con rispetto verso le loro religioni, mettendo in evidenza quello che esse hanno in comune con la nostra fede ed anche di valorizzare ciò che di vero, di buono e di giusto è presente nei popoli che tali religioni professano. In certi casi ho cercato anche di mettere in evidenza le critiche dirette o indirette, esplicite o implicite che da parte di questi rappresentanti vengono mosse alla cristianità e alla civiltà occidentale. Questo spazio di critica nei confronti della cristianità mi è sembrato giusto non solo concederlo, ma in certi casi sottolinearlo perché solo nella consapevolezza dei difetti ci si può correggere e si può abbandonare quel senso di sicurezza e di superiorità, anche morale oltre che culturale, che l’Occidente ha reclamato per sé guardando con disprezzo gli “extra”, come barbari, rozzi, incivili e corrotti. Quando si è parlato ad esempio dell’Islam da temere, ho fatto notare che gli occidentali devono aver paura di loro stessi, se le più grandi tragedie del secolo scorso, come le due guerre mondiali, si sono consumate in Europa e sono state originate da questioni che riguardavano le nazioni “cristiane”. E’ evidente che, al di là delle verità oggettive, dietro questo metodo c’è un preciso tentativo di “svegliare” i cristiani, sia quelli di fede che quelli di tradizione e di cultura, per spronarli a rivedere un po’ le loro posizioni, a non illudersi di poter adagiarsi sugli allori e di poter contare sul prestigio dei secoli passati. Credo che ciò sia nella linea dei richiami che vengono dai veritici delle chiese cristiane, cattoliche e protestanti (meno dagli ortodossi) e soprattutto da quel grande “profeta” del nostro tempo che è Carol Wojtyla. Egli in nessun modo e nessun momento ha dimenticato di mettere insieme l’esaltazione della fede cristiana e della santità della Chiesa da una parte e dall’altra di chiedere perdono per le “infedeltà” storiche del popolo “fedele” e dei suoi pastori (senza per questo far pensare, se non a qualche mente riscaldata, che la Chiesa sia stata una “società di manigoldi”). Nei dibattiti svolti in varie circostanze, e in varie città, con ebrei, musulmani, buddisti i discorsi sono scivolati via pacificamente e si è formato un bel clima di amicizia e di confidenza, punto di partenza obbligato per uno sviluppo del dialogo e della collaborazione. E tuttavia, alcune persone hanno avuto l’impressione che i cattolici si pongano oggi di fronte alle religioni e alle culture diverse in una posizione di debolezza e siano come affetti da un complesso di inferiorità, mostrando più dubbi che certezze ed avendo nella mente più domande che risposte. Penso che sia una sensazione fondata e sulla quale tutti dovremmo riflettere, in particolare coloro che sono istituzionalmente i maestri della fede, gli evangelizzatori e i catechisti, senza per questo pensare a forme di chiusura e di fondamentalismo. Un esempio può venire da una signora che recentemente, trovandosi ad una manifestazione di dialogo interreligioso tra un cattolico e un imam musulmano, rivolgendosi a quest’ultimo ha detto: “Ammiro la fierezza con cui lei ha presentato la sua fede a noi cristiani. D’ora in poi cercherò anch’io di avere la dovuta fierezza per presentare la mia religione cristiana e cattolica agli altri”. In realtà la fierezza dell’imam era qualcosa di più ed aveva l’aria e il tono della provocazione. Tuttavia ritengo che la reazione della signora sia ciò di cui ha bisogno gran parte della popolazione cristiana: ascoltare gli altri con attenzione e rispetto, secondo lo stile del dialogo sincero aperto alla verità, per riscoprire e riapprezzare le profonde ricchezze della propria fede. Questa riscoperta potrà avvenire più facilmente proprio attraverso questa via. La mamma di una nostra amica ha confessato che ogni sera quando prega prima di andare a letto, dopo aver sentito discorsi di rappresentanti di altre religioni, dice con rinnovato slancio l’antica preghiera: “Ti ringrazio Signore, di avermi creato, fatto cristiana…”.
La fierezza della propria fede
AUTORE:
Elio Bromuri