L’arcivescovo cardinale Gualtiero Bassetti ha colto l’occasione della festa di sant’Ercolano per parlare alla sua Chiesa e alla sua città. Nell’omelia pronunciata nella liturgia eucaristica celebrata domenica pomeriggio nella chiesa del Patrono, si è rivolto ai suoi fedeli affinché venga superato il “drammatico divorzio tra fede e vita”.
Fratelli e sorelle, ricordiamo stasera, il santo patrono Ercolano, vescovo e difensore della città di Perugia, martirizzato, secondo la tradizione, accanto alle antiche mura etrusche, che egli aveva difeso dalle violenze dei Goti che assalirono la città, la assediarono per più anni e la conquistarono per tradimento nel 547. (…) Così il nostro vescovo e martire Ercolano, affrontò il martirio non per eroica baldanza, ma soltanto per amore del suo popolo, del quale è stato pastore e difensore. Ancor oggi Ercolano, patrono dello Studium Perusinum e della città, ha molto da dire ad entrambe queste nostre carissime istituzioni. Io non so che visione potesse avere un vescovo, pastore come lui, sul VI secolo, ma come tale non poteva ignorare i segni dei tempi, e non poteva non avvertire l’abisso culturale tra due visioni della vita e della storia: da una parte la religione del dominio, dall’altra la religione del martirio. Da una parte il mito della forza che condanna i deboli: bambini, anziani, malati al loro tragico destino, dall’altra l’audacia creativa della carità che, dopo il martirio, costituiva il secondo scandalo per chi era ancora pagano. Anche per Ercolano il problema cruciale era lo stesso che abbiamo noi: come fare del Vangelo il lievito di una nuova storia? Forse pensiamo che la nostra epoca sia totalmente altra da quella di Ercolano. In realtà non mancavano le stesse sfide alla fede dei credenti, le sfide del benessere fine a se stesso, dell’avere e del piacere: idolatrie che partoriscono indifferenza nei confronti del Dio vero. Ben a ragione scrisse il grande teologo protestante Karl Barth: ‘Quando il cielo si svuota di Dio, la terra si riempie di idoli’. E lo sappiamo bene: gli idoli sono sempre ammalianti.
Pensiamo alla figura di Gesù Cristo oggi, forse non messa in discussione come dalle eresie del VI secolo, ma semplicemente misconosciuta, ignorata nel suo mistero di Figlio di Dio, unico salvatore del mondo; e talora dagli stessi battezzati. Pensiamo alla riduzione del Vangelo ad opinione: una delle tante proposte etiche poste sul mercato. Pensiamo ai tentativi di reclusione della fede in sacrestia; un esempio per tutti: la totale inadempienza degli Enti pubblici verso le scuole paritarie di orientamento cattolico. La solitudine in cui si trovano a vivere tante famiglie, trascurate dalle Istituzioni. Continua così a consumarsi quel penoso divario tra fede e cultura, tra Vangelo e modo di pensare e di agire nel mondo. Ecco dunque la domanda seria, il problema dei problemi: come fare a superare il drammatico divorzio tra fede e vita? Come far sì che la fede di Ercolano diventi cultura e continui ad alimentare la nostra vita? Mi rivolgo ai cristiani, naturalmente, e dico loro: non permettete mai a nessuno di rubarvi la fede: la fede è un tesoro irrinunciabile, che ha necessità di ritrovare il suo habitat nel vivo di una comunità fervida e credente. Oggi la fede, e non mancano i tanti martiri, ha bisogno di testimonianze cristiane granitiche e coerenti. Tanto per esemplificare, penso alla prima cellula in cui la fede dovrebbe diventare vita: la famiglia. Eppure già in essa vi sono spesso crepe o crisi irreparabili. Come può il Vangelo diventare sale della terra, principio dinamico di onestà nella politica, nell’economia, nel mondo del lavoro, nella scuola, in tutte le componenti del vivere sociale, se già in famiglia viene censurato e perde visibilità? Cari fratelli e sorelle, mi aspetto molto dal cammino della nostra Chiesa nei prossimi mesi: la nostra Assemblea diocesana a settembre, che successivamente illustrerò; il Sinodo sulla famiglia, vera intuizione di grazia, del nostro Santo Padre Francesco. Il mio compito, con lo svolgimento della visita pastorale, sarà quello di discernere i segni indicatori del futuro, per mettere a frutto i talenti della Chiesa di San Costanzo e Sant’Ercolano. Ma pure su di voi e su tutto il popolo di Dio ricade l’impegno di ascoltare nella fede e capire, ciò che il Signore ci chiede! I problemi della nostra Chiesa sono seri. Per questo, la nostra missione è grande: siamo chiamati a servire Dio nella terra di Costanzo ed Ercolano. Maria, Madre della Grazia ci dia conforto e sostenga la nostra speranza. Amen!