Quando il dramma, con persone vere che hanno sofferto e soffrono, come in un reality diventa spettacolo, dal carcere o dalle aule del tribunale si passa sulla ribalta della notorietà. È accaduto a Cogne, a Perugia per l’omicidio della studentessa inglese Meredith Kercher ed ora ad Avetrana per la vicenda di Sarah Scazzi.
I giornalisti si interrogano sulle loro responsabilità: “Credo che su Avetrana – ha detto Franco Siddi, segretario nazionale della Fnsi, il sindacato di categoria – sia il tempo di una severa e rigorosa riflessione. Vanno spente – ha aggiunto – le telecamere ed i dibattiti inutili”. È intervenuta anche l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, presieduta da Corrado Calabrò, che ha inviato una segnalazione sul caso al Comitato per l’applicazione del Codice di auto-regolamentazione in materia di rappresentazione di vicende giudiziarie nelle trasmissioni televisive.
Anche il “caso Meredith – ha detto il procuratore della repubblica presso il tribunale di Terni Fausto Cardella – non è stato un esempio di buon giornalismo”. Ne ha parlato nei giorni scorsi ad un seminario per giornalisti pubblicisti sul tema della libertà di informazione e la professione giornalistica. Ha fatto l’esempio dei verbali e di altri atti giudiziari pubblicati “a rate”, come in una telenovela, “spolpati come un osso”, “centellinati” giorno per giorno, per settimane e mesi con “falsi scoop”.
I perugini ricordano ancora piazza Matteotti, davanti al palazzo di giustizia, trasformata in una sorta di set cinematografico con furgoni, telecamere, riflettori e parabole. La vicenda della studentessa inglese trovata sgozzata in via della Pergola la mattina del 2 novembre di tre anni fa è l’oggetto di libri e film. Ci sono tre giovani in carcere: Rudy Guede che in appello si è visto ridurre la pena a 16 anni e che è in attesa della decisione della Cassazione sul suo ricorso, prevista per il mese prossimo; Raffaele Sollecito, condannato in primo grado a 25 anni di reclusione, ed Amanda Knox che invece dovrà scontarne 26. Amanda e Raffaele, che si proclamano entrambi innocenti, torneranno davanti alle telecamere il 24 novembre per il processo in corte d’Assise d’appello. È soprattutto Amanda ad avere catturato l’attenzione dei media, diventando la protagonista di questo triste reality show.
A Poggio Nativo, in provincia di Rieti, una televisione americana sta girando in questi giorni il film The Amanda Knox Story, mentre in Inghilterra viene annunciato che Colin Firth ha deciso di occuparsi della vicenda in un altro film diretto da Michael Winterbottom, il regista di Killer inside me e Welcome to Sarajevo. C’è poi in lavorazione anche un film del regista Stefano Torrese, interpretato dall’attore perugino Diego Antolini, in gran parte girato a Perugia e che si ispira al delitto di via della Pergola.
Nei giorni scorsi alla Camera dei deputati è stato invece presentato il libro Io vengo con te. Colloqui in carcere con Amanda Knox. Lo ha scritto il parlamentare umbro Rocco Girlanda (Pdl) che in qualità di presidente della Fondazione Italia-Usa l’ha incontrata più volte in cella. Il suo però è un approccio un po’diverso da quello dei tanti libri che si sono occupati di questo caso. “Tutto – ha spiegato – nasce in me solo dalla voglia di conoscere meglio una ragazza americana dell’età di una delle mie figlie, che si trova a vivere la più drammatica esperienza della sua vita”. Il ricavato della vendita sarà interamente dedicato alla Fondazione.
Amanda come Sabrina, la cugina di Sarah Scazzi che, dopo tante apparizioni in tv, ora si trova in carcere, accusata con il padre Michele dell’omicidio della cugina quindicenne. Anche in questo caso realtà e fiction, drammi veri e spettacolo, vengono triturati ed amalgamati in una sorta di reality quotidiano in televisione. I telegiornali del servizio pubblico hanno trasmesso la registrazione, sottotitolata, degli interrogatori di Sabrina e del padre, accompagnati dalle loro immagini girate in interviste precedenti l’arresto. Si è anche parlato di perizie e foto “in vendita” per migliaia di euro. Tutto fa business. E così i protagonisti di questi reality diventano personaggi contesi nei salotti televisivi. Fabrizio Corona, dopo il suo arresto, disse che in fondo con tutta quella pubblicità era diventato famoso ed aveva guadagnato un sacco di soldi. In questi giorni c’è una diociottenne marocchina, che tutti ormai conoscono come Ruby, la quale si appresta a sbarcare nel mondo dello spettacolo per una vicenda più grande di lei, che la vede protagonista con il capo del Governo italiano. “Occorre invece ridestare la sanzione morale dell’opinione pubblica italiana per certi comportamenti” ha detto il procuratore Fausto Cardella, invitando i giornalisti “a fare di più per ripristinare correttezza e legalità”.