E allora abbiamo appreso che il Papa va a Damasco in Siria ed entra in una moschea, si toglie le scarpe, come si deve, e pregherà nel ricordo di Giovanni Battista, il precursore di Gesù, l’ultimo profeta, secondo i cristiani, dell’Antica Alleanza e il primo annunciatore della Nuova, il più grande tra i nati di donna. Ma che ci fa Giovanni Battista in una moschea islamica? Piuttosto sarebbe da domandarsi: perché c’è ora una moschea dove prima c’era una chiesa dedicata a Giovanni Battista? Misteri della storia e anche della teologia. E’ certo che nel maggio prossimo Giovanni Paolo sarà tra una folla di musulmani e sarà il primo Papa ad entrare in una moschea. Un altro primato di questo coraggioso e imprevedibile Pontefice che si aggiunge a quegli altri primati che tutti conosciamo: il primo ad entrare in una sinagoga, nel 1986, quando era nel pieno delle sue forze fisiche, l’incontro di preghiera per la pace con i capi delle religioni del mondo ad Assisi nello stesso anno, il primo a parlare in uno stadio, a Casablanca ad una folla di giovani musulmani, il primo in tanti altri incontri con rappresentanti di ogni religione, il primo… si potrebbe continuare. E’ il Papa che ha sfatato l’idea di una Chiesa in ritirata, ha vinto ogni paura e ha lanciato nel mondo il messaggio dell’unità della famiglia umana nella riconosciuta diversità delle sue articolazioni etniche, culturali e religiose. E’ un profeta che con i suoi gesti si pone in netto contrasto con quei musulmani che vogliono cancellare le tracce non islamiche dal loro Paese, come fanno i talebani contro le statue di Budda, in contrasto con i fanatici e fondamentalisti di ogni specie. Ma che cosa spinge il Papa a fare questo gesto? La voglia di un altro primato da aggiungere al suo curricolo personale? Non credo. Penso piuttosto che egli, come ha scritto recentemente, abbia la incrollabile certezza che la croce di Cristo sia più forte di ogni mezzaluna e di ogni altro simbolo religioso o ideologico. Che la Croce gloriosa del Risorto sia il vertice della storia dell’umanità e che tutti, per essere salvi, e per essere autenticamente uomini, debbano guardare a quel segno di amore assoluto e divino rivolto a tutti gli essere umani e all’universo creato. “Quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me”. Da lì passa la vita, la risurrezione e la pace. Wojtyla non è un politico, è un mistico e le sue scelte sono da leggere in questa chiave. La Croce giudica e dà senso a tutto e a tutti, perché in essa c’è la chiave della speranza che supera il male e il dolore del mondoIl nuovo millennio, per questo e altri gesti, come quello della sua visita al Muro del pianto e al Mausoleo del ricordo della shoà di Gerusalemme, sarà un segnale per gli uomini e le donne di oggi, cristiani e musulmani. Questo si aspetta il Papa da tali gesti: che tutti ripensino alle radici della loro religione e della loro cultura, per togliere quelle scorie di odio che finora hanno avvelenato la vita dei singoli e dei popoli e hanno prodotto lacrime e sangue in ogni tempo e in ogni regione della terra, e nel fondo della loro fede trovino i segni della presenza dello Spirito creatore rivelatore della verità di Dio e dell’uomo.
La Croce e la Mezzaluna
AUTORE:
Elio Bromuri