‘Il monaco è colui che, con la forza di Dio, domina il tempo’. In questo suo discorso sul tempo sant’Antonio abate non inventava, ma rielaborava e sintetizzava quella dottrina della Bibbia che lui conosceva a menadito, grazie ad un’intensa, quotidiana, personalizzata frequentazione. Il tempo come creatura, che Dio dona momento per momento all’uomo che Egli crea momento per momento. Il tempo come ambito della realizzazione degli intenti di Dio sulla storia. Il tempo come spazio che delimita l’eternità e ne è delimitato. Il tempo come trait d’union tra la prima e la seconda venuta del Messia, dalla carne alla gloria. Su questa stessa scia, nella nostra tradizione cristiana moltissimi altri maestri di spirito parlarono attraverso i secoli del valore del tempo alla luce della rivelazione. E lo fecero anche in chiave antitetica rispetto all’idea che ne aveva dato Antonio. È il caso di Simone Weil, secondo la quale il tempo non solo non può essere dominato, come voleva il grande Padre del monachesimo, ma, al contrario, inesorabilmente ci domina. E dominandoci ci salva. Il tempo come croce. Confitti ognuno sulla sua croce, tutti gli uomini camminano verso l’eternità. L’ho letto nell’ultimo dei quaderni della Weil, pubblicati per Adelphi da Giancarlo Gaeta in quattro tosti volumi. Appunti stesi da Simone a Marsiglia, frettolosamente, all’impiedi, prima di trasferirsi temporaneamente in America con la sua famiglia. Febbrilmente. Fendenti di luce. La sua vita era stata tutto un susseguirsi di fendenti di luce, da quando, quattordicenne e già totalmente incurante del proprio fisico, aveva saputo che Dio esiste, a quando appena ventiduenne era stata un’insegnante di filosofia capace di appassionare come nessun altro i suoi studenti, a quando (con una fatica pari solo alla frustrazione) aveva lavorato alla catena di montaggio della Renault, a quando aveva preso parte contro Franco alla guerra di Spagna: l’unica volta che fu ‘rimandata a ottobre’, pardon, a casa, perché, imbranata com’era, aveva messo un piede nella padella dell’olio bollente. ‘Il tempo è la croce sulla quale è crocifissa l’anima del mondo. Tra il sole e le stelle fisse’. E ancora ‘L’Agnello crocifisso fin dall’origine, anche lui ha la sua croce nel tempo’. E infine: ‘Portare la propria croce. Portare il tempo’. È soprattutto di sera che ti prende la stanchezza della vita. Un nodo alla gola. Non ho combinato niente, in tutta la mia vita. Domani o dopodomani Lui mi chiamerà, e io non ho nulla tra le mani, nemmeno due frappe con uno spruzzo di zucchero filato sopra. Rimanere inchiodati sulla croce del tempo. In attesa dell’ora nona. Arriverà solo quando Lui l’avrà voluto. Ma sarà in ogni caso l’ora giusta. Perché su quella croce Lui c’è fin dall’origine del mondo.
La croce del tempo
AUTORE:
Angelo M. Fanucci