L’intera Alta Valle del Tevere ha vissuto lunghe ore di angoscia, nell’interminabile periodo trascorso tra la nottata di giovedì scorso fino alla tarda mattinata di venerdì, per quella che sembra una tragedia apparentemente senza motivazioni. Kurt Adams, un immigrato sudafricano con regolare permesso di soggiorno, sposato con un’infermiera del locale ospedale e ben integrato nel tessuto cittadino tifernate, si è infatti recato a Pistrino presso l’abitazione di un suo collega di lavoro, il polacco Marcin Mieczyslav Kulisievicz, e la tragedia si è consumata in pochi attimi: due colpi sparati con la pistola regolarmente detenuta dalla compagna, e per il povero Marcin non c’è stato più nulla da fare. Tragedia acuita dal fatto che il giovane immigrato polacco lascia un’altrettanto giovane moglie e due figlie gemelle in tenera età. Ritornato presso la sua abitazione tifernate di viale Diaz, a ridosso delle mura cittadine, Kurt Adams si è asserragliato in essa e a nulla sono valsi tutti i tentativi per cercare di farlo desistere ed arrendersi. Solo l’intervento del nucleo specializzato dei Gis, appositamente giunto da Livorno, ha avuto la meglio sulla resistenza dell’uomo, che tuttavia, prima di arrendersi, ha sparato sui militari ferendone uno. Il fatto ha destato ovviamente molto scalpore, e le ipotesi sulla genesi del folle gesto sono ancora molte. Una parla di una crisi di follia dovuta al timore per la perdita del posto di lavoro. Il sindaco tifernate Fernanda Cecchini, commentando il fatto, ha dichiarato che “nessuno può dirsi al riparo da atti di violenza domestica e privata, di cui, purtroppo, sentiamo parlare sempre più spesso nelle cronache nazionali. Non è questa la sede per riflettere su un fenomeno dai tratti in rapida evoluzione, che ha colpito anche in un territorio, il nostro, finora relativamente refrattario a reati così gravi e eclatanti”. Il vescovo tifernate, mons. Domenico Cancian, si è recato appena possibile presso l’abitazione della famiglia Kulisievicz per portare il conforto dell’intera comunità cristiana diocesana. Anche la parrocchia di Pistrino, con il parroco don Olimpio Cangi in testa, è vicina alla famiglia: domenica scorsa, durante la messa festiva, è stata organizzata una raccolta per aiutare la vedova Magdalena e le gemelline Roxana e Victoria. La salma dello sfortunato Marcin verrà rimpatriata nella natia Polonia non appena il corpo verrà messo a disposizione dall’autorità giudiziaria. Sembra che anche la vedova abbia deciso di ristabilirsi in patria. Troppo dolorosi i ricordi in Italia. Moreno MiglioratiForse questo dramma è nato da quello del lavoroMolti conoscevano Kurt Adams a Città di Castello. Lo descrivono allegro, capace di acrobazie in bicicletta. Ma anche impegnato seriamente nel lavoro e nello studio. Lavoro e studio: forse sono queste le chiavi per comprendere come può, un giovane per bene, arrivare all’omicidio. Lontanissimo dalla sua patria, il Sud Africa, Kurt Adams, trent’anni, aveva trovato una strada all’integrazione con il lavoro e con la scuola. Lo scorso anno aveva conseguito il diploma professionale di terza presso l’Istituto agrario. Quest’anno avrebbe dovuto frequentare il quarto anno. Ma i tagli alla scuola hanno colpito i corsi serali e, lui, con un centinaio di altri studenti del “Patrizi – Baldelli”, non è più potuto andare a scuola. Kurt Adams aveva perfino incontrato qualche settimana fa il direttore scolastico regionale, dott. Rossi, con una delegazione di compagni, per chiedere di poter proseguire gli studi. Ma la risposta, ancora una volta, era stata negativa. Poi le preoccupazioni, da qualche tempo particolarmente pressanti, per il lavoro, forse per la perdita del lavoro: la cosa non è ancora chiara. Ed il suo orizzonte si è fatto improvvisamente scuro. Dall’integrazione all’esclusione il passo è, a volte, breve. Non so se, potendo contare almeno sulla scuola, le cose sarebbero potute andare diversamente. So che durante la civile protesta per ottenere il corso serale Kurt Adams è stato descritto come uno dei più attivi. Ci teneva alla scuola. Mi dicono che al lavoro non si risparmiasse. Ci teneva. Oggi questi temi appaiono come la chiave di lettura per capire non solo la storia di Adams, ma la necessità che il nostro Paese ha di integrare, allargando la sfera dei diritti, i milioni di stranieri che stranieri non sono più, ma che non sono ancora alla pari con i cittadini italiani. Se, nella sua libertà, il giovane sudafricano avrebbe dovuto scegliere di non uccidere – per questo, giustamente, sarà giudicato e pagherà –, lo Stato e la società avrebbero potuto e dovuto fare qualche cosa di più. Qualcosa che dovrebbe essere normale sia per tutti gli italiani, sia per coloro che sono qui a collaborare alla crescita del nostro Paese, cioè opportunità di lavoro e di studio. Kurt Adams, e tutti quelli che perdono il lavoro e la possibilità di riscatto culturale, arrivano a una disperazione più che comprensibile, che diventa, se possibile, più feroce per chi è straniero e magari solo. Se ci venisse voglia di giudicare, dovremmo pensare anche a questo.
La comunità cristiana di fronte alla tragedia
Chiesa e società civile si interrogano sull’omicidio di giovedì scorso a Città di Castello
AUTORE:
Maurizio Maioi