Il ripetersi delle tragedie nel Canale di Sicilia è di un orrore insopportabile, ma la realtà che ci sta dietro è ancora più tragica, anche se tutti cercano accuratamente di non vederla, nascondendola dietro equivoci e false risposte.
Un equivoco, per esempio, è quello di dare la colpa agli scafisti, come se costringessero a forza i migranti a salire sui loro gommoni; invece loro forniscono – sia pure a prezzi da strozzini – un servizio che gli viene richiesto.
Un altro equivoco è credere che queste ondate migratorie siano frutto di cause occasionali, contingenti, e che basterebbe risolvere queste per mettere tutti in pace.
Invece la causa della grande migrazione è strutturale ed è una sola: l’enorme squilibrio delle condizioni di vita tra l’Africa e l’Europa. In Italia ogni giorno buttiamo nella pattumiera una quantità di cibo buonissimo che basterebbe per sfamare intere nazioni africane. Sottolineo: parlo di quello che buttiamo proprio via, non di quello che mangiamo di troppo e ci fa male. Nell’Africa sub-sahariana la fame è una realtà, e in diversi Paesi la popolazione sottonutrita è un terzo o un quarto del totale. Nella stessa area geografica ci sono Paesi nei quali i contagiati di Aids sono il dieci, il venti, il trenta per cento; dove c’è un medico ogni diecimila persone, e comunque non ha niente per curare i suoi malati; dove gli analfabeti sono il cinquanta per cento della popolazione; dove è un problema perfino trovare, giorno per giorno, un po’ di acqua appena bevibile.
Per tutti costoro, affrontare la traversata del Mediterraneo su un gommone sarà pure un rischio mortale, ma ne vale la pena. Per evitare le tragedie dei gommoni basterebbe liberalizzare l’ingresso in Italia, così verrebbero legalmente con i traghetti normali. Ma allora verrebbero a milioni invece che a migliaia, e il travaso non si fermerebbe fino a che non fosse colmato il divario tra i Paesi della fame e della disperazione e quelli dello spreco indecente. Obiettivo tutt’altro che realistico. “Aiutiamoli a casa loro”, dice qualcuno. Giusto; ma dovremmo cominciare subito e in grande, e invece non riusciamo neppure a salvare la Grecia.