Questa è l’ultima volta che la mia pallente abat jour scoccia il lettore con gli “ahi! ahi!” che a me e ai miei comunitari strappano i pestoni che la Regione Umbria attraverso l’Asl n. 1 ci riserva; quei pestoni – pensavo – sono contro il principio di sussidiarietà sancito dal nuovo Statuto della Regione, quello del 2005.
Era una bufala: la Regione proclama il principio di sussidiarietà e ne ignora il contenuto. Eccessivo? Leggiamolo insieme, questo art. 16, che abusivamente reca il titolo Sussidiarietà.
Articolo 16, comma 2: “La Regione, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza, conferisce funzioni amministrative, nelle materie di propria competenza, ai Comuni singoli o associati, ed alle Province (…)”. Comma 3: “La Regione favorisce l’autonoma iniziativa dei cittadini singoli e associati e delle formazioni sociali per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà. A tal fine incentiva la diffusione dell’associazionismo ed in particolare la formazione e l’attività delle associazioni di volontariato..
Attention, please! “Sussidiarietà” da subsidium = aiuto. Tra Pubblico di livello maggiore e Pubblico di livello minore, e tra Pubblico e Privato sociale / Volontariato chi è che aiuta, e chi è che viene aiutato? Nel citato articolo dello Statuto regionale sono le Province, i Comuni e, su un piano diverso, il Privato sociale e il Volontariato che aiutano la Regione nel suo impegno sociale, è la Regione che alle Province e ai Comuni “conferisce funzioni”, mentre del Privato sociale e del Volontariato motiva e garantisce l’incremento.
E invece il principio di sussidiarietà vuole che sia la Regione ad aiutare da una parte (sussidiarietà verticale) Province, Comuni, dall’altra il Privato sociale e il Volontariato (sussidiarietà orizzontale) a farsi carico dei soggetti deboli. Intuizione-base di quel principio è la prossimità: il diritto/dovere di aiutare chi è in difficoltà tocca innanzitutto a chi gli vive più vicino. L’art. 16 motiva la sua presunta scelta di quel principio con la “differenziazione” e l’“adeguatezza”, ma la parola/chiave, “prossimità”, la ignora del tutto.
Nel nostro Progetto Capodarco è il portatore del bisogno che si fa carico della risposta al bisogno: l’istanza della prossimità ha dunque nel nostro Progetto Capodarco la sua applicazione massima possibile. Per questo meritavamo di essere portati in palma di mano, come agli inizi, negli anni ’70. Controllati, controllatissimi, ma in palma di mano. E non meritavamo che ci venisse costruito di fronte un muro di cemento armato. A difesa di che cosa, poi? Ho ecceduto, parlando di un “rigurgito di vetero-stalinismo”? Forse era solo la coda velenosa di quel vetusto “centralismo democratico” che grazie al cielo ha minato i regimi del “socialismo reale”.