La fiction di Rai 1 dedicata a Luisa spagnoli ci offre la possibilità di guardare indietro, per ricordarci da dove veniamo e anche rendere omaggio a una donna coraggiosa e creativa, due caratteristiche indispensabili oggi forse più di ieri. Luisa prima di essere un’imprenditrice era una donna che aveva conosciuto la povertà, e da questa desiderava riscattare non solo se stessa ma anche le donne che entravano nella sua vita. Non considerava la Perugina come una fonte di reddito personale bensì come un valore superiore, capace di generare benessere.
Luisa sapeva cogliere, come ogni bravo imprenditore, quel soffio di novità che può poi trasformarsi in ricchezza diffusa. La sua determinazione, raccontata nella fiction, insegna che non bastano gli intrighi per bloccare la forza di chi crede nel valore di difendere un’impresa, specie perché riguarda il destino di molti. In lei i collaboratori e i soci avevano riconosciuto la leadership, una capacità di visione che non era scontata per una donna di inizio secolo.
C’è da chiedersi come facesse Luisa ad avere quella visione, dal Bacio all’angora. Forse è con il cuore che vedeva e con le mani che iniziava a realizzare, per affidare poi le sue idee alle mani di molti collaboratori. La visione sempre inizia dal cuore, perché quanto più è aperto tanto più è capace di vedere orizzonti che la ragione non vede ancora. In Luisa riconosco il coraggio di combattere per qualcosa che va oltre gli interessi personali. Oggi come allora serve quella passione che ti fa considerare l’impresa superiore alla somma degli interessi particolari. Davanti alle allettanti proposte di vendita, molti avrebbero ceduto, ma per Luisa la Perugina era tutto: non era un salvadanaio da svuotare, era un mondo da far crescere, era un ideale più profondo.
La passione di Luisa è preziosa ieri come oggi e, unitamente alla genialità, caratterizza la storia di alcuni imprenditori umbri che ci hanno da poco lasciato (come Walter Baldaccini) e altri che portano lontano i colori e i profumi del nostro territorio (Cucinelli e molti altri). Senza coraggio, innovazione, passione, non sarebbe mai stato possibile raccontare una delle pagine più belle dell’imprenditoria femminile italiana.
Oggi sono ormai pochi coraggiosi a fare impresa in Italia. I giovani più brillanti spesso lasciano il Paese per cercare all’estero opportunità di lavoro. Molti imprenditori – a differenza di Luisa – hanno venduto senza chiedere neppure nulla in cambio per le proprie maestranze. Molti altri hanno dovuto chiudere a causa della crisi globale che nel nostro Paese ci lascia anche il doloroso deserto di molte zone industriali e molte famiglie senza lavoro. La storia di Luisa allarga il cuore, invita a sognare e lottare perché possa esserci anche oggi un modo onesto e dignitoso di lavorare, un’impresa che crea ricchezza senza ‘intrighi di palazzo’, perché ciò che realizza è buono e bello non solo da un punto di vista economico ma anche sociale. Sempre la storia ci permette di fare tesoro della vita di persone che con il loro cammino hanno lasciato tracce non impossibili da seguire.
Oggi Luisa con il suo piglio deciso ci inviterebbe a non vendere, non solo le imprese, ma il Paese; a difendere le nostre imprese, il territorio, le comunità in cui viviamo. Non è facile, lo posso sperimentare dalla piccola finestra della nostra minuscola impresa di famiglia che ha compiuto 80 anni lo scorso anno. Il nonno mi diceva che le donne dovevano stare in casa. Credo di non averlo molto ascoltato, ma spero che questo sia servito a contribuire a preservare la nostra impresa dalla crisi, a non perdere posti di lavoro, e a far arrivare lontano nel mondo i prodotti e il sapere di una piccola azienda artigiana.