I quaranta giorni del tempo di Quaresima, iniziati con la celebrazione del mercoledì delle Ceneri, quando viene sparsa cenere sul capo o sulla fronte dei fedeli per ricordare la caducità della vita terrena, rappresentano un tempo propizio per convertirsi e scoprire l’amore misericordioso di Dio. Nella cattedrale di Terni il vescovo Ernesto Vecchi ha presieduto la celebrazione del mercoledì delle Ceneri.
“In questo particolare momento storico – ha ricordato il Vescovo nell’omelia -, la Chiesa ci stimola alla conversione per poter risplendere di fronte al mondo come sacramento universale di salvezza. Noi abbiamo una grande responsabilità, perché le nostre mancanze e insufficienze oscurano la luce evangelizzatrice della Chiesa, che è chiamata a essere, di fronte al mondo, non solo ‘universale sacramento di salvezza’, ma anche ‘principio di unità’. La Quaresima è ancora un’occasione che ci è offerta per rimettere in sesto la nostra testimonianza cristiana: con l’ascolto più abbondante della Parola di Dio; con una partecipazione più consapevole alla liturgia; con uno spazio più abbondante concesso alla preghiera; con un’attenzione più concreta ai poveri, ai sofferenti e agli esclusi”.
Facendo riferimento alla contemporaneità e all’impegno della Chiesa locale, ha ricordato che “il vero problema oggi, per la Chiesa, è di aiutare questa società a non espellere Dio dalla storia. Perché senza Dio si perdono le coordinate del progetto che regge la convivenza civile e la solidarietà sociale. Allora, vivere bene la Quaresima significa tracciare un vero itinerario di verifica personale e comunitaria, per cogliere in pienezza la grazia della Pasqua. Per raggiungere questo traguardo, la Chiesa diocesana deve recuperare in pienezza il ‘segno’ della sua cattedrale, proprio in vista di un’autentica espressione della sacramentalità della Chiesa in terra ternana, narnese e amerina”.
“Di fronte alle sfide della post-modernità questa testimonianza di comunione eucaristica del popolo di Dio, attorno al vescovo e al suo presbiterio, deve essere sempre più consolidata. Oggi, invece, si rischia di oscurare la Cattedra del vescovo, mettendo in primo piano l’identità della parrocchia che ha sede nella cattedrale. Ma è soprattutto nella cattedrale che il vescovo si manifesta come ‘principio visibile e fondamento dell’unità’ della sua Chiesa particolare, formata a immagine della Chiesa universale. Senza questo ‘segno episcopale’, si cade nella frantumazione, e ogni sacerdote rischia (con grande soddisfazione del Principe di questo mondo) di ‘battere bandiera panamense’, come dice simpaticamente il nostro don Camillo”.