Italia ed Europa

Dopo tante fibrillazioni, la festa nazionale del 2 giugno, con la colorata parata dei Fori imperiali, sembra portare un elemento di serenità, di impegno e di coesione nazionale. Se ne è fatto interprete il Presidente della Repubblica, in un messaggio che è stato caratterizzato anche da un sostanziale respiro europeo. L’Italia, intesa come classe politica e come opinione pubblica, ha una impellente necessità di riflettere sull’Europa. Può allora essere utile porre due questioni, a partire da una constatazione. Molti dei tic, delle anomalie, delle nevrosi della politica italiana, in particolare negli anni di questa lunga transizione, derivano anche da qui. Ma non solo nel senso che la politica italiana non sia sufficientemente ‘europea’: questo può essere un ricorrente e poco utile complesso. All’opposto invece viene da chiedersi: è in grado la politica italiana di esprimere quanto l’Italia può portare all’Europa? Ritorna qui la grande lezione prima di tutto di De Gasperi, capace di esprimere una leadership europea interpretando le aspirazioni, i valori dell’Italia. Qui si misura la statura di statista di un uomo politico. Se l’Italia ha bisogno di Europa è anche vero (e chi lo ripete con coerenza da molto tempo è il papa Giovanni Paolo II) che l’Europa ha bisogno di Italia. In particolare sui due grandi problemi politico – strutturali aperti. Il primo è l’elaborazione del Trattato costituzionale, a rischio impasse. Certo, ha valore soprattutto morale e simbolico, anche se tutti sappiamo quanto contino i simboli nella civiltà dell’immagine. Eppure la reticenza nella bozza di ‘costituzione’ sul patrimonio cristiano tradisce un atteggiamento di chiusura, foriero di conseguenze poco positive per il futuro. Menzionare il cristianesimo infatti in un percorso culturale, spirituale, morale, che parte dalla classicità greca e romana ed arriva alla modernità non significa infatti legittimare un potere, come temono tanti ‘illuministi’, ma ricordare l’elemento di dinamismo della civiltà europea. Passare da un atteggiamento di chiusura burocratica ad una rinnovata accettazione della sfida del dinamismo potrà permettere anche sintesi innovative e creative in ordine al vero problema costituzionale, quello dell’articolazione dei poteri. E potrà dare risposte anche su un secondo nodo strutturale, quello della collocazione internazionale dell’Unione. Sono in gioco due grandi temi: quello dei confini dell’Unione (in particolare in rapporto alla Russia e alla Turchia) e quello del rapporto agli Stati Uniti. E’ finito per l’Europa il tempo dei facili e un po’ scontati unanimismi. Certo il semestre di presidenza non affida al Paese titolare molto più di un ruolo protocollare. Ma può essere una occasione da prendere sul serio.

AUTORE: Francesco Bonini