Nel programma del pellegrinaggio del Papa ai luoghi di san Francesco non poteva mancare un incontro con i giovani conterranei del Santo patrono d’Italia. Essi, insieme con l’équipe regionale di Pastorale giovanile, attendono con trepidazione l’arrivo di Papa Francesco e sono desiderosi di ascoltare le sue parole.
I giovani umbri compiono un vero e proprio pellegrinaggio a S. Maria degli Angeli per andare alla ricerca di qualcosa, di Qualcuno. Esso è una risposta all’iniziativa di Dio: il primo pellegrino, infatti, è il Signore Gesù, che percorre le nostre strade per venirci a cercare. Si tratta di rispondere, di andare incontro a Chi già ci sta cercando, per imparare ad essere pellegrini nella vita. Come ha detto il Papa ai giovani sardi: “C’è una Persona che può portarti avanti: fidati di Lui! È Gesù! Fidati di Gesù! E Gesù non è un’illusione!”.
Il pellegrinaggio porta sempre all’approfondimento di qualcosa, è un momento dell’esistenza che viene messo a fuoco, un momento in cui si può scoprire qualche cosa di nuovo. Camminare diventa così espressione esterna di un’operazione interiore: l’incontro con Papa Francesco può essere un momento qualificante nel cammino verso la maturità della fede; una tappa del pellegrinaggio come fotografia della vita, segnata dalla speranza e dalla fiducia. Tutto questo è vissuto insieme con gli altri, in compagnia: uno dei ritornelli che sentiamo ripetere spesso è proprio: “Mi sono accorto di non essere solo”.
L’incontro di S. Maria degli Angeli tra Papa Francesco e i giovani umbri è dunque l’occasione per offrire un contributo alla formazione del cristiano nelle tre dimensioni della sua vita: profezia (conoscenza del messaggio), sacerdozio (educazione alla preghiera e alla celebrazione) e regalità (prassi morale), prospettando obiettivi specifici per ciascuna di esse. Nella profezia: comprendere che il messaggio di Gesù Cristo, annunciato e vissuto nella Chiesa, è una proposta di salvezza che ha lo scopo di orientare un progetto globale di vita al servizio degli uomini per la costruzione della civiltà dell’amore; nel sacerdozio: vivere la preghiera come fedeltà al Signore e non solo come momento emotivo o settoriale, con la capacità di inserirsi responsabilmente nelle celebrazioni della Chiesa, accogliendo anche i segni rituali come espressione dell’iniziativa di Dio; nella regalità: acquisire la capacità di progettare la propria vita alla luce del Vangelo, perché “la vita deve avere un centro”, evitando i rischi della dispersione e della frantumazione e ideando un progetto globale che permetta di assumere il proprio posto nella Chiesa e nella società.