La pagina tragica della guerra in Ucraina in corso rischia di trasformarsi in una pesante coltre di nebbia, che lascia al buio tutte le altre nefandezze del mondo. Qualcuno potrebbe addirittura approfittare di questa “distrazione” per mettere a segno le azioni più censurabili. Sembrerebbe che sia avvenuto così per le 81 persone la cui condanna a morte è stata eseguita la settimana scorsa in Arabia Saudita.
Lo ha deciso Mohammed bin Salman, principe erede al trono, a dispetto del programma riformatore annunciato e delle molteplici aperture proclamate più a parole che con i fatti. Secondo le agenzie internazionali per i diritti umani, a creare indignazione non è soltanto la pratica così largamente utilizzata della pena capitale, ma molto spesso si tratta di confessioni estorte dietro tortura.
Forte pertanto il rischio che siano stati messi a morte innocenti e che alcuni colpevoli di gravissimi reati godano della libertà. Non ho letto di proteste ufficiali da parte di Governi stranieri. Prevale forse il timore di irritare il Principe, che nello scacchiere dei rifornimenti energetici internazionali è tornato a svolgere un ruolo chiave decisivo. Sul piatto della bilancia delle opportunità, i barili di petrolio valgono di più della vita di 81 persone.