Etimologicamente la parola “curia” significa “insieme o adunanza di uomini”. La Chiesa, che ha ereditato molte nomenclature dell’Impero romano, intende con questa parola l’insieme di organismi e di persone che aiutano il Vescovo nel governo pastorale della diocesi. Nell’opinione pubblica, la “curia” non ha buona fama a causa delle generalizzazioni che ne fa la stampa, soprattutto nei confronti alla Curia romana. Il 22 gennaio a Orvieto si è riunita la Curia della diocesi nei suoi vari organismi e uffici. L’incontro voluto dal vescovo Benedetto Tuzia ha riunito insieme il vicario generale, i vicari episcopali e tutti coloro, preti, religiosi e laici, che prestano servizio a livello diocesano. La bella sensazione ricevuta è che tutti, sia chi si occupa soprattutto di amministrazione e di questioni più tecniche sia chi promuove vari apostolati in vari ambiti, sentono l’impegno come una missione, e vedono l’unico obiettivo che è l’annuncio del Vangelo e il servizio alla comunità. La Curia per la Chiesa è questo e non altro: lavorare per il Regno. Nelle nostre piccole diocesi non ci sono “carriere” perché tutti, sia preti che laici, svolgono altre mansioni, e l’impegno per la Curia è un sovrappiù che si aggiunge già a tante cose da fare. Occorre sempre di più rafforzare i vincoli di unità; d’altronde l’apostolato non funziona come un’organizzazione ma scaturisce da una comunione di fede e d’intenti. Il rischio di andare ognuno per contro proprio è sempre presente, e oggi più che mai resta valida l’esortazione del martire e vescovo sant’Ignazio d’Antiochia di essere come “le corde della cetra”, in sintonia con il Vescovo e tra noi. Se guardiamo solo i problemi – diminuzione notevole del clero, scarso numero di praticanti, campanilismi sempre vivi – non andiamo da nessuna parte.
Sulla scia anche dell’insegnamento di Papa Francesco, occorre con gioia tornare alla semplicità di una Chiesa che ha un solo tesoro da condividere: Gesù Cristo e la sua salvezza. Tutto il resto è secondario, è mondanità, cioè spirito che si oppone al vero Spirito di Dio che continua a soffiare e a rendere fecondo il grembo della santa Madre Chiesa. Infine, una considerazione sulla dimensione regionale cui si devono rapportare tutti gli Uffici: occorre non vederla come un peso in più, ma come una necessità improrogabile. Le nostre piccole diocesi non possono esprimere la ricchezza e la potenzialità necessarie se non sono strettamente unite tra loro. Tutto questo facilita l’apostolato, crea maggiore incisività sul territorio e dà visibilità alle tante iniziative che sono proposte. C’è un capitolo nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium di Papa Francesco che ha come titolo la trasformazione missionaria della Chiesa: “La Chiesa in uscita è la comunità di discepoli che prendono l’iniziativa, che si coinvolgono, che accompagnano, che fruttificano e festeggiano”. Ecco il programma molto bello per la Curia, c’è tutto quello che è necessario per affrontare l’oggi. Nella mistica cornice della cappella del Corporale nella cattedrale a Orvieto, il Vescovo ha iniziato questo incontro celebrando la messa. Da quel giovedì di duemila anni fa, una catena ininterrotta di celebrazioni ha portato fino a noi il Pane della vita, ora tocca a noi trasmettere il Pane di vita alle nuove generazioni. Con la fiducia incrollabile che il Maestro è sempre con noi, pertanto senza paura andiamo incontro all’uomo del terzo millennio con la gioia e la bellezza del Vangelo di Cristo.
La diocesi in cifre
La diocesi di Orvieto – Todi si estende su una superficie di 1.310 kmq e conta circa 90.000 abitanti su due Regioni (Umbria e Lazio), tre Province (Perugia, Terni, Viterbo) e 24 Comuni. Il territorio è ripartito in 92 parrocchie e 59 centri pastorali, 9 Vicarie e 22 unità pastorali. A servizio della comunità parrocchiali operano, tra parroci e vicari parrocchiali, 50 preti diocesani, 6 presbiteri non incardinati accolti temporaneamente in diocesi, 13 sacerdoti religiosi. Altri 10 sacerdoti operano sul territorio diocesano in qualità di cappellani, confessori, vicari domenicali. Infine operano 17 diaconi in aiuto a 11 parrocchie e una trentina di istituti femminili di vita consacrata. Di questi ultimi, 5 sono di clausura, 9 sono impegnati in attività pastorale parrocchiale continuata, 4 sporadica, 3 in attività caritativa e ben 12 – per motivi di età e di salute delle suore – non svolgono attività all’esterno del proprio istituto.