Per dire che si tratta di un’ondata di gelo “storica” bisognerà, certo, attenderne la fine (forse anche oltre la metà di febbraio) e valutarne attentamente i dati, ma non si è troppo nell’errore se alla serie 1929, 1956 e 1985 si aggiunge il 2012. Si tratta delle cicliche ondate di gelo, il più delle volte coincidenti proprio con il mese di febbraio, che hanno interessato tutta l’Europa, Italia compresa, negli ultimi 100 anni. In particolare, è forte la somiglianza con quella del 1956. L’origine è analoga: un blocco esteso di aria gelida, formatasi sopra le steppe asiatiche in concomitanza con un eccezionale rafforzamento dell’alta pressione russo-siberiana, si riversa sull’Europa, grazie alla favorevole posizione “di blocco” dell’anticiclone delle Azzorre, interagendo con aria fredda artica e con l’aria più calda del Mediterraneo: un incontro che dà origine a freddo polare in Europa e a tanta neve in gran parte dell’Italia centro-settentrionale. Grazie alla svolta del 31 gennaio (con una strabiliante coincidenza col 1956) l’inverno 2011-2012, arido di piogge e di sorprese, si è dunque trasformato in una stagione memorabile. Chi lo ricorderà saranno soprattutto la Romagna e le Marche, dove nevicate di tale portata (fino a due metri e mezzo in meno di una settimana) non si ricordavano da almeno mezzo secolo.
L’Umbria è rimasta (fortunatamente o sfortunatamente), un po’ in disparte. Sin dal 31 gennaio la neve ha iniziato a cadere, dapprima grazie ad un’irruzione di aria artica dalla Valle del Rodano: in questi casi, a ricevere più precipitazioni, è di solito l’Umbria nord-occidentale. Alla ribalta, quindi, l’alta Valtiberina (Città di Castello e San Giustino hanno avuto oltre 25 cm di neve, oltre 40 le località collinari circostanti), Città della Pieve (40 cm) e le località circostanti il Trasimeno (tranne Castiglione), poi il centro storico di Perugia (15 cm) ma non la sua la periferia. Il 2 febbraio, è giunto, invece, il burian, il vento delle steppe russe, e sono saliti alla ribalta Gualdo Tadino e Gubbio ma, soprattutto, la fascia appenninica da Scheggia a Fossato di Vico. Qui, come al solito, la situazione si è complicata a causa dei forti venti, delle violente bufere e delle temperature rigidissime che hanno completamente bloccato, in sole 24 ore, tutta la viabilità stradale e ferroviaria, con accumuli di neve che, nella fascia pedemontana, hanno superato i due metri. Contenti solo alunni e studenti, a casa per otto giorni.
In questo contesto, ciò che ha fatto la differenza è stato il terzo apporto: le correnti miti, di origine tirrenica, che hanno preso a scorrere da sud-ovest sopra l’aria gelida siberiana; si sono verificate, così, numerose “nevicate da scorrimento”, che hanno interessato particolarmente l’Orvietano, il Ternano (dove così tanta neve non si vedeva da molti anni), lo Spoletino, i Martani e la Valnerina; specialmente a Terni non sono mancati i problemi alla viabilità, per la scarsa abitudine degli automobilisti al gelo. Spruzzate qua e là, o poco più, in Valle umbra e, a parte pochi fiocchi, nulla a Foligno. La spiegazione è semplice per i meteorologi: troppo lontane rispetto all’azione delle tre componenti sopra elencate e “riparate” dalla posizione dei quattro minimi depressionari che l’irruzione di aria fredda ha generato nel Mediterraneo in due settimane. In comune a tutte le città umbre, però, se non la neve, il freddo: per una settimana sempre sotto lo zero, hanno avuto medie fra i -3 °C e i -6 °C. Roba da Finlandia meridionale a gennaio!