In trepidante attesa. Intervista a p. Pizzaballa

Come sarà vissuto questo Natale nella terra di Gesù? Intervista al custode di Terra Santa, padre Pizzaballa

La Terra Santa si prepara al Natale lasciandosi dietro un anno particolarmente intenso, in cui luci e ombre, speranze e illusioni, si sono alternate e intrecciate continuamente. Tra queste, il boom dei pellegrinaggi: a fine novembre erano più di 3 milioni i visitatori giunti in Israele e sui Luoghi Santi, numero destinato a salire con il Natale; la ripresa dei negoziati diretti tra israeliani e palestinesi, infrantisi contro l’espansione degli insediamenti ebraici; la celebrazione del Sinodo dei vescovi per il Medio Oriente.

Abbiamo intervistato il custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa.

Dopo le tante violenze anticristiane che hanno scandito il 2010, che Natale sarà?

“Ci lasciamo alle spalle un anno molto difficile. Ma purtroppo non è una novità. Forse quest’anno, più che nei precedenti, i numeri delle violenze sono stati impietosi, ma se ne è anche parlato di più sui canali d’informazione. La persecuzione ci dice che la presenza cristiana in questa area è importante, delicata ma fragile e, quindi, esposta. Dobbiamo denunciarlo con forza muovendo i passi necessari perché tutto ciò finisca, e mantenendo viva l’attenzione attraverso i media. Ma la persecuzione ci ricorda anche che dopo 2000 anni non è cambiato molto: i cristiani restano una minoranza, sempre minacciata, ma nonostante tutto presente e ricca di fede”.

Due mesi fa, il Sinodo per il Medio Oriente…

“La comunità cristiana è ancora in fermento per il Sinodo e per ciò che quell’assise ha prodotto in termini di Proposizioni finali. Le attese tra i fedeli sono molto forti. La speranza è che il Sinodo porti un nuovo spirito nella vita delle loro comunità. Per questo auspicano che i Vescovi elaborino in maniera pratica le conclusioni emerse. Il Natale sarà anche il momento per ringraziare per il dono del Sinodo e per ripartire a livello pastorale”.

Questo Natale sarà particolarmente ricco di pellegrini: con quali significati per la Chiesa locale?

“Va detto che il 2010 è stato un anno incredibile, oltre ogni aspettativa, che ha visto arrivi dei pellegrini senza pause. Questo è un dato significativo non solo per il numero ma anche per la provenienza: dal mondo cattolico e ortodosso, dal protestantesimo. I pellegrini sono arrivati dai cinque Continenti, non solo dai Paesi più ricchi, occidentali, ma anche dall’Africa, dall’America Latina e dall’Asia, dall’Oceania. La Terra Santa sta tornando un punto di riferimento importante per le Chiese, per i cristiani e per la loro vita di fede. Dietro un pellegrinaggio, infatti, c’è un vescovo, una Chiesa, una parrocchia che nel mondo pensa alla Terra Santa e vi si reca in pellegrinaggio. Ma i pellegrinaggi hanno anche un significato concreto: essi rappresentano lavoro per tanta gente, specie per la comunità cristiana che così è rincuorata, e sono anche una forma di moderazione sociale: quando c’è lavoro per tutti, c’è anche un atteggiamento più sereno nella vita di tutti i giorni”.

Questo Natale poteva essere ricordato come quello della riapertura dei negoziati diretti tra israeliani e palestinesi. Una speranza vana?

“La situazione resta intricata. Ci sono tante iniziative, anche di alto livello, come la ripresa dei negoziati tra israeliani e palestinesi, voluti dal presidente Usa Barack Obama. Purtroppo non stanno dando i frutti che tutti auspicavano e non stanno aprendo particolari prospettive, almeno nell’immediato futuro. Tuttavia la cosa importante del negoziato è il negoziato stesso, che tiene vivo un canale di comunicazione, e nell’opinione pubblica la consapevolezza che il dialogare è meglio che restare in silenzio”.

Per recarsi a Betlemme, alla Natività, bisogna attraversare il muro di sicurezza israeliano. Potremo mai abituarci a questa realtà?

“Difficile rispondere. Forse è meglio lasciare aperta la domanda e non abituarsi alla realtà di molte zone della Terra Santa che vedono il muro e la mangiatoia l’una accanto all’altra. Betlemme ne è l’esempio più chiaro ed evidente. Nonostante i muri, e una situazione così intricata e difficile, Natale ci dice che l’opera di Dio prevale. Dobbiamo crederci e fidarci. Non saranno certo solo i nostri interventi a cambiare o liberare il mondo. Il Natale ci deve fare aprire gli occhi e la bocca di fronte al momento difficile di adesso, e con sano realismo, mantenere un atteggiamento di fiducia, senza portare rancore. Il primo passo della pace è credere che Dio può cambiare il cuore delle persone”.

Oltre al presidente palestinese Abu Mazen, quest’anno alla messa di mezzanotte a Betlemme, parteciperanno anche alcuni europarlamentari.

“Spero che questa scelta dia seguito a gesti concreti di sostegno e di riflessioni politiche circa i temi del rispetto delle minoranze e della libertà religiosa. Lascio che ad ispirare le nostre preghiere e richieste per questo Natale sia il Signore stesso”.

AUTORE: Vincenzo Corrado