C’era da aspettarlo, per come si sono messe le cose, che si arrivasse a una rottura tra la ThyssenKrupp e i suoi dipendenti, con la conseguenza di uno sciopero e l’approdo a una situazione confusa e piena di angoscia. In questo momento una città intera è in ginocchio, e noi insieme ai cittadini della regione ci sentiamo “tutti ternani”. A nessuno può sfuggire la gravità di una decisione aziendale che prevede licenziamenti per 537 tra operai e impiegati, mettendo in seria difficoltà le loro famiglie. Ma c’è qualcosa anche di più grave, in quanto questo tipo di scelta della ThyssenKrupp sta a indicare una disaffezione per l’Acciaieria, una presa di distanza, l’annuncio di un declino per cui non sarà facile guardare con fiducia al futuro. Come cittadini di una stessa comunità regionale, inoltre, la vicenda ternana ci apre a una rassegna di tutte le attuali criticità presenti nell’ambito della produzione industriale che destano da tempo gravissima preoccupazione, come la Merloni e altre aziende in precarie condizioni di sopravvivenza.
Nella comune sofferenza si dileguano da una parte campanilismi, partigianerie di settori della vita sociale, divisioni ideologiche, in nome di una comune lotta e di un interesse condiviso; dall’altra parte, si corre il rischio di alzare troppo la voce, di lasciarsi trascinare dall’ira e di rimanere attaccati ognuno – persone e aggregazioni – alla propria soluzione del problema. Si devono evitare l’intransigenza aziendale e il massimalismo sindacale, per fare spazio a soluzioni eque e concordate per il massimo bene comune concretamente raggiungibile. Non ci si può permettere, in queste condizioni di difficoltà oggettiva e storica – non certo frutto di capricci di qualche sprovveduto – quanto successo in una delle sedute del Consiglio comunale di Terni riunito per formulare la posizione da prendere nei confronti della Tk, ossia che vengano elaborati tre diversi comunicati. La tensione inevitabile e la rabbia possono giocare brutti scherzi e mettere gli uni contro gli altri, pur accomunati dalla stessa passione per la difesa del lavoro.
Un appello alla concordia e all’unità nella difesa del lavoro è venuto dai Vescovi a più riprese, dall’ultimo comunicato della Conferenza episcopale umbra, dal vescovo di Terni Giuseppe Piemontese, dagli interventi del card. Bassetti sull’Osservatore Romano e nell’intervista sul Messagero di domenica 12 ottobre, in cui propone una società che esprima un nuovo umanesimo fondato sui principi della dottrina sociale cristiana e sui grandi valori evangelici. I Vescovi anche in passato non hanno cessato di richiamare alla preghiera, elaborato una teologia del lavoro, sottolineato il valore e la dignità del lavoro, la solidarietà, la sussidiarietà e l’ispirazione umanistica della nostra storia. I Vescovi umbri chiedono di mettere da parte scontri e discordie e trovare percorsi unitari alla ricerca di soluzioni, ascoltando tutti, anche la gente comune dotata di buon senso, che vive in prima persona i problemi e i disagi collegati al lavoro. Non è di poco conto segnalare l’accenno fatto da Papa Francesco alla vicenda di Terni il 3 settembre scorso, quando ha detto: “Esprimo la mia profonda preoccupazione per la situazione che stanno vivendo tante famiglie di Terni a motivo dei progetti della ditta ThyssenKrupp. Ancora una volta rivolgo un accorato appello, affinché non prevalga la logica del profitto, ma quella della solidarietà e della giustizia. Al centro di ogni questione, anche di quella lavorativa, va sempre posta la persona e la sua dignità. Con il lavoro non si gioca. E chi per motivi di denaro, di affari, per guadagnare di più, toglie il lavoro, sappia che toglie la dignità delle persone”.