Con l’Avvento comincia l’anno liturgico. Il termine “Avvento” indica “venuta”: è il tempo di preparazione alla nascita del Salvatore. E’ un periodo in cui il cristiano è richiamato all’incontro nella fede con il Signore, mentre attende la sua venuta definitiva nella gloria. Per la comunità di Spoleto-Norcia si tratta dell’Avvento dell’anno liturgico nel quale ci si avvia alla conclusione del Sinodo diocesano, che costituisce un autentica occasione di grazia per riscoprire la via comune alla santità e la comunione nella Chiesa. L’arcivescovo, mons. Riccardo Fontana, ha voluto far giungere ai fedeli della diocesi un suo particolare messaggio, richiamando l’attenzione di tutti e l’urgenza di non perdere questa nuova opportunità di riflessione e di conversione per un autentico incontro con Cristo. La lettera dell’Arcivescovo ripropone una storia concreta di santità, quella di Rita da Cascia che, fra i figli illustri della nostra Chiesa, mostra più di altri che è possibile per tutti diventare santi, a partire dalla fedeltà semplice agli impegni quotidiani della vita. LA SANTA DELLA SPINAIl messaggio riporta sul frontespizio l’immagine della “Santa della spina”, così come appare sul sarcofago ligneo che ne conservò il corpo dalla morte fino al 1745. La Santa, dal volto leggermente pensoso ma simbolicamente sereno, leva ben alta la spina che ottenne dal Cristo Crocifisso, durante il quaresimale predicato a Cascia dal beato Giacomo della Marca. Cristo rende partecipe della sua Passione la monaca agostiniana che accoglie quell’impronta tumorale come segno di amore e di comunione con il suo Signore. “Con la fede – scrive mons. Fontana – Rita trova un senso anche per il dolore… rovescia la mentalità degli uomini e fa credibile il Vangelo del Regno. La croce, segno di maledizione, con Gesù Crocifisso diventa salvezza per tutti… Cascia allora cominciò a essere il colle dalla speranza”. E di che cosa hanno bisogno gli uomini del Terzo Millennio, se non di speranza? L’Avvento è proprio tempo di speranza. LO SCOGLIO E LE APIAccanto alla spina, lo “scoglio” di Roccaporena, il picco roccioso ove così spesso si recava la Santa. Fu lassù che nacque la sua preghiera, il suo anelito di contemplazione. Ed ecco l’esortazione del Vescovo: “Se hai voglia di uscire dal meschino, dal grigiore talvolta squallido, capisci benissimo questa storia di una ragazza di altri tempi, capace di parlare al tuo cuore”.Accanto poi alla spina e allo scoglio, troviamo le api. “Nell’immaginario medievale, le api esprimono la virtù della perseveranza: laboriose, sempre all’opera, capaci di dolcezza”. E’ l'”apis argumentosa” (cioè laboriosa e significativa) alla quale aveva già fatto riferimento Sant’Ambrogio. Le api avevano volteggiato attorno a Rita, ancora piccolina, senza tuttavia pungerla. In tutta la sua vita, scrive ancora il Vescovo, “Rita mette una laboriosità quasi da ape”, a cominciare da Roccaporena, dove all’interno della famiglia e nella piccola comunità la sua condotta è esemplare proprio per la laboriosità che si manifesta per la premura verso i bisognosi e per la dedizione al marito e ai figli. “Fino a quando le sue fatiche sembrano spazzate dal vento, come quando lo sciame pare disperso dalla tempesta… una donna scomoda, non cercata da nessuno… ma, piccola ape dal miele dolcissimo, vola al monastero per mettere la sua laboriosità nell’imitazione di Cristo”. Una laboriosità densa di frutti che vengono significati dai fichi d’inverno e dalle rose tra la neve. Lei stessa, quasi morente, chiese i fichi e le rose dal suo orto di Roccaporena: Santa degli impossibili ci ricorda che tutto è possibile a Dio. E chi crede in Lui è capace di cose grandi come il perdono e la pace. “Infatti il perdono genera la pace, è il filo d’oro della vita di Santa Rita – scrive ancora mons. Fontana – la ‘diversità’ che la fa grande e incomprensibile ai meschini”. Sembrano storie d’altri tempi, ma, a pensarci bene, sono di un’attualità senza pari: c’è bisogno di perdono e di pace in quest’anno difficile, a Betlemme di Giudea dove non è “possibile scendere nella grotta della Natività, mentre i cristiani muoiono di fame nella terra di Gesù e l’assurda violenza di pochi criminali ha scatenato il mostro della guerra”. LA SACCA DEI PELLEGRINILa lettera del Vescovo è stata presentata alla schiera di ragazzi che sabato scorso sono saliti a Cascia per il grande incontro con Rita. Quei ragazzi, che avevano occupato ogni posto disponibile nella chiesa di San Francesco, hanno gridato alto il loro entusiasmo, ognuno con la sua “sacca del pellegrino”, lo zaino del cammino, a simboleggiare il cammino della vita. E, nella sacca quattro simboli formidabili: un sassolino, ricordo dello “scoglio”, a richiamare la preghiera e le “ascese quasi quotidiane della giovane Rita”. E poi, una croce, a evocare il dono della spina sulla fronte di Rita; qualche fico, a esprimere quella dovizia di frutti che il mondo attende dai giovani, anche in stagioni impossibili nel Terzo Millennio. Infine, un vasetto da colmare di miele, anche in questo nostro tempo che sembra piuttosto il tempo dell’amarezza e non della dolcezza che rende gli uomini più vicini. E i giovani hanno immediatamente capito il messaggi, come hanno poi dimostrato nelle attività di gruppo e nel dibattito-confronto nel Santuario di Cascia. A ROCCAPORENAFin dal primo pomeriggio, l’Arcivescovo aveva accolto genitori e famiglie a Roccaporena, il paese della Santa, che vide la fanciullezza e la giovinezza di Rita, il suo matrimonio e la sua difficile vita familiare, la tragedia dell’assassinio del marito e la morte dei figli. Mons. Fontana ha guidato gli adulti e i bambini più piccoli in un pellegrinaggio alle memorie ritiane di Roccaporena: la casa natale, l’antica chiesa parrocchiale di San Montano dove Rita celebrò le sue nozze e dove sono sepolti il marito e i figli, il lazzaretto dove la Santa curò i malati, l’orto delle rose e dei fichi, dove è stato ricordato lo stupefacente prodigio dell’impossibile che si fa realtà. I genitori hanno seguito con grande interesse il percorso e l’invito dell’Arcivescovo a farsi educatori dei figli, come Rita lo fu per i suoi. NEL SANTUARIO LA CONCLUSIONE DELLA GIORNATAInfine, tutti nella Basilica di Cascia, giovani e genitori, per la preghiera conclusiva. Ancora una volta il tema del perdono e della pace, poiché quello che è appena iniziato, pur con tante tragedie di terrorismo, di guerra e di violenza, dovrà essere il millennio della giustizia e della pace. L’Arcivescovo ha voluto regalare ad ognuno degli intervenuti, insieme al suo messaggio pastorale, una copia del Vangelo. La giornata si è chiusa con la cena comune e lo spettacolo musicale, animato dai ragazzi del gruppo Bisse di San Nicolò. Poi, il ritorno a casa ricordando la grande testimonianza di Rita e l’impegno comune a diventare ognuno portatore di speranza. “Se nell’Avvento – scrive ancora mons. Fontana – saprai raccogliere dai grandi testimoni l’invito a riprendente il cammino nella fede giorno per giorno, da cristiano, verso il Natale del Signore, stai certo, anche il tuo deserto interiore potrà fiorire”.
In pellegrinaggio a Cascia per iniziare l’Avvento
Ragazzi e adulti si sono raccolti insieme al Vescovo intorno a Santa Rita
AUTORE:
Agostino Rossi