Con don Oreste Benzi in vita mia mi sono incontrato solo due volte.Una prima volta quando sia lui a Rimini che noi a San Girolamo di Gubbio eravamo agli inizi, a cavalcione tra gli anni ’60 e ’70.
Ci consultammo, in una bella chiesa nuova, a Coriano o giù di lì;’discutemmo a lungo sul come tradurre in pratica quel nostro desiderio di servire Cristo nei poveri. Poi ognuno imboccò la sua strada.
Per don Oreste, la strada di quel successo che oggi testimonia la messe delle sue realizzazioni, a partire dalle centinaia di case famiglia sparse nel mondo. Per me e per i miei, una serie di buchi nell’acqua. Sai, i buchi nell’acqua presentano molte controindicazioni, ma anche un elemento che li raccomanda alla perseveranza tenace: si chiudono subito.
Quella di don Oreste è stata la proposta chiara, esplicita, strutturata, di formare contro l’emarginazione comunità cristiane a tutto tondo, con una regola di base di taglio apostolico vincolante per tutti, in un contesto valoriale in cui il Cristo e la sua vicenda sono il centro di tutto.
La nostra è la proposta non di una comunità cristiana, ma di comunità di ispirazione cristiana. ‘Se vuoi vieni con me”:’proposte come quella di don Oreste sottolineano l’imperativo (‘Vieni con me’); proposte molto più modeste, come quella della mia Comunità, sottolineano la prima parte del lemma, quel ‘Se vuoi”. Periodo ipotetico della possibilità. ‘Se vuoi’.
La seconda volta che ci incontrammo con don Oreste, una decina di anni fa, o forse più, a Iesi, su invito del vescovo Oscar Serfilippi, queste due diverse espressioni di una stessa tensione di fondo vennero a confronto. Io ci feci la figura del parente povero: una figura alla quale – ahimè! – sono rimasto affezionato, poiché anche oggi altre figure non le so fare.
E il sospetto di forzare qualcuno ad accettare il grande messaggio di Cristo non perché è grande e liberatorio, ma perché glielo chiedo io, mi paralizza.