La Marcia nazionale della pace che si svolge ad Assisi (10 dicembre) per chiedere che si fermi ogni violenza tra Israele e Palestina e si torni a negoziare la pace, parla del cammino.
Il cammino, a volte tanto impervio, di cui c’è bisogno per giungere alla pace. “Coraggio, non scoraggiatevi – ammoniva don Tonino Bello. – Anche se è buio intorno. Non tiratevi indietro, anche se avete la sensazione di camminare nelle tenebre. È di notte che è meraviglioso attendere la luce. Bisogna forzare l’aurora! È l’unica violenza che ci è consentita”. Pertanto la Marcia è un richiamo ad andare oltre i calcoli semplicemente umani, che registrano solo l’odio sanguinario che non lascia alcuna speranza e scrive col rosso del sangue innocente la cifra del deficit della pace.
E non si tratta nemmeno di affidarsi al fatalismo cieco che attende di veder maturare qualcosa dalla nostra inerzia. È piuttosto un atto di fede, laico e credente, nella pace e nel Dio della pace. “Forzare l’aurora” è concepire, dentro di sé e nel cuore ostinato della storia, che le tenebre non possono avere l’ultima parola, ma che la luce ha bisogno dell’aiuto di ciascuna e ciascuno di noi.