In fila per il posto

PERMESSI DI LAVORO. Anche in Umbria immigrati in fila agli sportelli delle Poste. Sarà consentito l'accesso a 2.568 persone, tra cui 700 badanti e 300 lavoratori edili. Ma le domande sono state qua

Ora è iniziata l’attesa, nella speranza di essere tra i fortunati che potranno avere i 2.568 permessi di soggiorno per lavorare in Umbria. Ci vorranno tra i cinque e i sei mesi prima di avere tutte le risposte, spiega Marcello Rinaldi della Caritas diocesana di Orvieto – Todi. Nel frattempo restano in attesa nel loro Paese quei fortunati che hanno parenti e amici che già vivono in Italia ed hanno presentato il kit per loro. Aspetteranno continuando a lavorare (ovviamente in nero) quegli immigrati che sono già qui e che sono ‘clandestini’, ovvero non hanno, ma sperano di averle, le carte in regola per lavorare nel nostro Paese. Anche in Umbria, dunque, si sono formate file di cittadini italiani e extracomunitari (erano la maggioranza), davanti agli uffici postali, per consegnare le domande per l’assegnazione dei permessi di soggiorno: un’immagine sicuramente poco lusinghiera per il nostro Paese, che pensa all’accoglienza degli immigrati ma poi organizza in modo così singolare la loro regolarizzazione. La corsa agli sportelli consentirà l’ottenimento di 2.568 permessi (tra cui 700 per badanti e 300 per gli edili) ma le domande sono state quasi il triplo. In questa situazione limite, in cui la burocrazia mal si concilia con il diritto, di rilievo è stata l’attività dei centri Caritas, articolati nel territorio, per informare adeguatamente gli extracomunitari sulle modalità di compilazione dei moduli, ma soprattutto per l’assistenza degli immigrati. Gran parte di loro hanno cominciato la fila, nei pressi degli uffici postali, con molto anticipo. Infatti l’orario di consegna dei moduli, dalle 14.30 in poi di martedì 14 marzo, avrebbe consentito l’accettazione o meno delle domande. Molti sono stati gli immigrati che hanno trascorso la notte all’aperto. La Caritas di Perugia, che già aveva dato, attraverso il suo Centro di ascolto, il proprio aiuto ad oltre 400 persone, tra datori di lavoro e parenti dei lavoratori, ha prestato assistenza agli immigrati. È stato lo stesso arcivescovo mons. Giuseppe Chiaretti, ad attivare i parroci, gli operatori delle Caritas diocesana e parrocchiali, per aiutare gli immigrati in una notte particolarmente rigida. ‘È il minimo da fare – ha commentato mons. Chiaretti – per essere vicini a tanta gente alla ricerca di un futuro dignitoso. In fila non c’erano solo i parenti dei lavoratori immigrati interessati al ‘decreto flussi’, ma anche anziani, tra i datori di lavoro, che cercano badanti’. La Caritas ha fornito coperte, pasti e bevande calde per affrontare la notte, risultata molto rigida. L’occasione ha mostrato la generosità degli umbri che si sono mobilitati in tal senso. Anche la Caritas di Spoleto-Norcia ha impegnato numerosi volontari: tè, caffè e bevande calde sono state distribuite durante la notte ma anche pasti per coloro che non hanno voluto abbandonare la fila. L’arcivescovo di Spoleto-Norcia, mons. Riccardo Fontana, ha dichiarato che ‘gli immigrati sono un’opportunità. La Chiesa non ha paura della globalizzazione perché da sempre chiamiamo fratelli tutti gli altri. La maggioranza delle persone che arrivano nella nostra terra sono cristiani e la loro presenza è un forte arricchimento per tutti. In particolare per l’Umbria gli immigrati rappresentano un ponte benefico che l’apre al mondo. Questi nostri fratelli ci riportano al Medioevo, quando eravamo un crocevia di civiltà. La Caritas fa quello che la tradizione benedettina e francescana ha fatto per secoli’. L’avvocato Giorgio Pallucco, dell’ufficio immigrazione della diocesi di Spoleto-Norcia, ha sottolineato che ‘l’ora X è scattata il 18 febbraio scorso quando è iniziata la corsa agli uffici postali per ritirare i moduli di presentazione delle domande. Da quel giorno la Caritas di Spoleto-Norcia ha aiutato nella compilazione circa un centinaio di persone. In particolare cittadini italiani intenzionati all’assunzione di badanti e di lavoratori nelle proprie ditte’. In questo territorio sono le donne romene, ma anche moldave e ucraine, ad occuparsi in prevalenza di persone non autosufficienti. Il numero delle 700 badanti previste per l’Umbria rappresenta una ‘quota estremamente sottostimata – ha commentato Pallucco – visto che nella regione ci sono 197mila ultrasessantacinquenni e, di questi, 21mila non sono autosufficienti’.

AUTORE: Romano Carloni