Il valore e la dignità di persona, riconosciuti ad ogni essere umano, dal concepimento alla morte naturale, devono essere al centro della riflessione etica su scienza e tecnologie biomediche: questo il senso della conferenza della prof.ssa Francesca Barone, tenuta il 4 febbraio scorso, presso la sala parrocchiale di Pantalla. L’iniziativa promossa in collaborazione con il Movimento per la vita di Todi, è stata organizzata in preparazione della 32a Giornata per la vita. La relatrice, presidente del Centro di bioetica “Filèremo” e docente di Bioetica all’Università degli studi di Perugia, ha approfondito il tema degli affronti subiti dalla vita umana nelle fasi iniziale e finale, a causa delle manipolazioni consentite dal progresso scientifico-tecnologico. Una suggestiva serie di immagini ha documentato l’esplosione della vita dopo la fecondazione e la “continuità” che ne caratterizza tutte le fasi dello sviluppo. L’elenco degli interventi tecnici sulla vita prenatale è lungo: accanto alle pratiche positive, che permettono di superare patologie e concorrono a ristabilire il normale svolgimento dei processi generativi, se ne rilevano numerose contrarie anche alla legge morale naturale, profondamente lesive dei diritti e della dignità della persona umana. Tra le questioni emergenti: la progressiva diffusione dell’aborto chimico. Altrettanto inquietanti le problematiche del fine vita. Lo sviluppo della rianimazione ha raggiunto traguardi impensati. Se c’è convergenza nel rifiuto dell’accanimento terapeutico e nel riconoscimento della morte encefalica per la diagnosi di morte fisica dell’uomo, non c’è uniformità di vedute riguardo lo stato vegetativo persistente (Pvs). Tale stato si caratterizza per l’assenza di funzioni cognitive e mantenimento di quelle vegetative, quali la respirazione autonoma. “Gli elementi fondamentali che differenziano questa condizione rispetto alla morte – ha affermato – sono due: la mancanza di una distruzione totale dell’encefalo e la non dimostrata irreversibilità”. Non si può equiparare la scomparsa, vera o presunta, delle capacità di relazione, alla morte di una persona: la qualità della vita non può essere il criterio utilizzato per valutare il valore di un’esistenza. In questo contesto il Biodiritto ha la grande responsabilità di fronteggiare tutte quelle linee di comportamento sostenute da mentalità favorevoli all’eutanasia, per le quali anche l’alimentazione e l’idratazione, secondo le forme consentite dalla scienza e dalla tecnica, sono atti terapeutici e non semplici forme di sostegno vitale. I problemi della vita e della morte toccano tutti e pongono spesso interrogativi terribili, di fronte ai quali le risposte non sono sempre ragionevoli, ma dettate dalla emotività, dal risentimento, dalla disperazione. Una discussione riportata sul terreno della scienza, del pensiero filosofico, basata sul confronto delle diverse posizioni, quelle di chi ha una fede religiosa o di chi ha un orientamento diverso, ma comunque ha il valore della coscienza, non può non riconoscere l’inviolabilità e l’indisponibilità della vita umana, che va sempre rispettata, indipendentemente dalle condizioni in cui si trova o dalle facoltà che esprime.
In difesa dei bio-diritti
Conferenza della prof.ssa Francesca Barone sulla bioetica in occasione della Giornata per la vita
AUTORE:
Carmela Isa