Se della “Mucca pazza” i consumatori non ne possono proprio più, una buona notizia arriva dal settore agricolo: l’apicoltura umbra, dopo una contrazione del patrimonio apistico avvenuta all’inizio degli anni ’80 a causa della “varroa”, la parassitosi che colpisce le api, viene notevolmente rivalutata. E non è una notizia di poco conto, vista l’importanza che hanno le api per il mantenimento dell’ecosistema e visto che di salvaguardia dell’ambiente ci si dovrebbe interessare un po’ di più. Il regolamento 1221/ 97, valido per tutta la Comunità Europea, dà alle regioni il compito di stilare dei piani annuali di intervento per migliorare, valorizzare qualitativamente e commercializzare i prodotti dell’alveare. L’apicoltura umbra è diffusa in tutto il territorio regionale e la più redditizia, perché di maggiore produttività, è quella praticata nelle zone del Trasimeno. Nelle zone montane, però, c’è un altro vantaggio, infatti il miele è più buono. Tiziano Gardi, dell’Università di Perugia, cita studi decennali condotti presso la Facoltà di Agraria dell’Università di Perugia che hanno messo in evidenza come il miele più pregiato si trovi nella fascia appenninica. In quelle zone (Val Nerina, monti Sibillini, comprensorio Eugubino-Gualdese…) è infatti possibile produrre miele monoflora, ovvero proveniente solo da determinate fioriture. Indubbiamente, conferma Walter Ambrogi responsabile della Cooperativa Eugubino-Gualdese, la quantità prodotta è minore ma qualitativamente migliore rispetto al miele prodotto nella piana del Lago Trasimeno, dove prevale un’agricoltura di tipo intensivo e dove nessuno dei nettari e dei pollini della flora coltivata prevale sull’altro, per cui si produce un buon miele del tipo millefiori. La Regione per valorizzare il settore ha stanziato 314 milioni. I fondi, in parte andranno a finanziare trattamenti contro la “varroa” e per l’acquisto di arnie (contenitori per le api) munite di fondi anti-varroa adatte a contenere questa parassitosi, in parte per corsi di aggiornamento volti ad incrementare il livello di professionalizzazione degli addetti. I beneficiari dei contributi saranno direttamente le cooperative del settore, le associazioni ed i singoli apicoltori che ne faranno richiesta. Fiore all’occhiello per l’Umbria è poi il progetto di salvaguardia e selezione genetica di ecotipi locali dell’ape italiana (Apis mellifera ligustica spin.), a cui stanno lavorando ricercatori della nostra regione. E proprio all’Università di Agraria di Perugia esiste una delle più vecchie cattedre per l’insegnamento di apicoltura e gli studenti possono avere ampi spazi per specializzarsi in questo settore, che proprio in Umbria ha origini antichissime.
In arrivo 314 milioni per migliorare la produzione del miele
AUTORE:
Eleonora Cozzari