VALFABBRICA – E’ iniziata oggi, 8 gennaio, alle ore 12.45 con la celebrazione dell’Ora media nella chiesa parrocchiale, la seconda visita pastorale del vescovo monsignor Domenico Sorrentino a Valfabbrica.
Dopo la zona pastorale di Assisi e Nocera Umbra sarà la zona di Valfabbrica con le comunità di Monteverde, Giomici e Poggio San Dionisio a essere interessata dalla visita pastorale. Saranno tre giorni durante i quali, nel rispetto delle misure anti-Covid, il vescovo incontrerà sacerdoti, religiose, laici, forze dell’ordine, gruppo Caritas, ministri straordinari della comunione, amministrazione comunale, membri dei consigli parrocchiali, catechisti, giovani e giovanissimi, operatori della liturgia, Famiglie del Vangelo, e l’intera comunità. La visita si concluderà domenica 10 gennaio, solennità del Battesimo del Signore, con la celebrazione eucaristica delle ore 11.
Lettera del vescovo Sorrentino
Proprio in vista della visita pastorale monsignor Sorrentino ha inviato una lettera di auguri di buon anno ai sacerdoti e religiosi della diocesi. Nel messaggio il vescovo si sofferma sul dilagare della sofferenza di chi è stato raggiunto dal virus, ma anche di tanti che si ritrovano alle prese con problemi di famiglia e di lavoro.
“Mi viene in mente – scrive il Vescovo – la situazione dei discepoli sorpresi dalla tempesta sul lago di Genezaret. L’acqua sbatacchia la piccola barca, e Gesù sembra dormire. ‘Non ti importa che moriamo?’, gridano i suoi in preda all’angoscia. Gesù non dorme. Abbiamo bisogno di prendere coscienza di quanto ci stia vicino, navigando con noi e soffrendo con noi. Dobbiamo credere che, se anche navighiamo a vista, la bussola è lui. Dobbiamo correre da lui, a chiedergli di calmare la tempesta. Non si tratta solo di invocare il suo aiuto per gli scienziati, le autorità, gli operatori, impegnati a cercare soluzioni. Dobbiamo anche approfittare di questa prova per una riflessione corale, una sorta di esame di coscienza collettivo.
La pandemia – prosegue – ci sta facendo riflettere. Ci sta ponendo il problema del senso della vita. Sarebbe davvero banale, e insieme tragico, se riducessimo tutto a un vaccino. Abbiamo bisogno di far vibrare le corde profonde della nostra vita e delle nostre relazioni. Se dalla pandemia non uscissimo recuperando un po’ più di fede e investendo un po’ di più in solidarietà, avremmo perso una grande occasione. Stiamo toccando con mano la fragilità, ma si stanno accendendo anche tante luci. Quando tutto sembra crollare, si scopre anche il valore di un sorriso. Da questa prova – conclude – possiamo e dobbiamo uscire migliori”.