In vista della seconda lettura e la definitiva approvazione dello Statuto regionale vi sono state alcune prese di posizione molto nette su punti qualificanti dello Statuto da parte della Consulta Ceu per i problemi sociali, dall’associazione Cose nuove (vedi art. a fianco) e da nove organizzazioni cattoliche che hanno inviato una lettera a tutti i consiglieri regionali (vedi La Voce n. 26), Acli. Vi sono state reazioni positive di Bocci della Margherita, Rossi e Melasecche di Forza Italia, Lignani Marchesani di Alleanza nazionale, Ripa Di Meana dei Verdi ecologisti, disposti a modificare il testo dello Statuto, per marcare la differenza tra famiglia e altre forme di convivenza. Una certa disponibilità espressa anche da Bottini (Ds). Nell’attuale formulazione sembra che la famiglia sia una delle tante maniere di formare una coppia. Qualcuno ha avanzato la critica che queste cose i cattolici dovevano dirle prima e soprattutto sostenere quelle forze politiche che condividono tali posizioni. In realtà bisogna dire che i cattolici hanno detto e scritto quello che pensavano e si sono presentati ai riti della partecipazione, ripetendo fino alla noia il loro punto di vista. Gli stessi vescovi umbri collegialmente e singolarmente si sono espressi sui due punti più significativi quello della identità culturale e religiosa dell’Umbria e quello della famiglia fondata sul matrimonio. Alla fine, come ha ricordato Fiammetta Modena, conteranno i voti. È qui che si gioca la partita. Ma i voti non dovrebbero mancare, se i singoli consiglieri si facessero interpreti del sentimento dominante della gente umbra più che di un ideologico radicalismo sociale. In Umbria non si conosce un altro modello della società naturale primaria che quello della famiglia fondata sul matrimonio, il resto appartiene all’effimero sociale, checché ne dica qualche provocatore in veste di opinionista.