La recente inaugurazione dell’anno giudiziario consente di fare il punto sulla situazione del malessere sociale in regione, sia pure per la via parziale ma significativa del rilevamento dei fatti delinquenziali attraverso la relazione del Procuratore generale. La relazione di quest’anno ha portato molto opportunamente la sua attenzione sulle cause del dissesto e sui possibili rimedi, per migliorare sin d’ora quel servizio-giustizia definito ‘assolutamente insoddisfacente per la sua insopportabile lentezza e per la incapacità di concludere buona parte dei processi’; talché il cittadino non si sente né difeso dinanzi alle aggressioni dei prepotenti, né tutelato dalla certezza del diritto e dalla protezione dello Stato. L’auspicio finale è logicamente quello del ‘risanamento del servizio-giustizia e del ripristino di quella legalità che sembra essere diventata patrimonio di pochi’, essendo nel frattempo intervenuta una sorta di ‘legalizzazione della illegalità’. È uno scenario tutt’altro che tranquillo, che fa chiedere anche agli uomini di Chiesa cosa sia possibile fare per imbrigliare in qualche modo quell’incessante degrado sociale che è sotto gli occhi di tutti e che colpisce in primo luogo i poveri, quelli che attendono, spesso inutilmente, giustizia. La Chiesa non ha mancato di intervenire dando indicazioni sul piano educativo. Potrei ricordare la bella serie di interventi: Educare alla legalità (1991), Educare alla socialità (1995), Educare alla pace (1998), Educare alla responsabilità sociale (2005). E tuttavia tali interventi non incidono più di tanto perché il terreno sul quale si semina è quanto mai accidentato. C’è invece da intervenire seriamente sulle cause remote e prossime del degrado sociale, e cioè sul degrado morale, legato a scelte e comportamenti irrazionali, che sono però giustificati, autorizzati, pretesi. Lo stesso legislatore si mostra incerto e debole, e cede alle pressioni di chi più sbraita in nome d’una pretesa libertà che spesso è solo arbitrio, senza la lungimiranza e il coraggio di prevedere e prevenire il futuro. Non sono così disattento da non percepire le esigenze del nuovo che incalza con la modernità, ed anche la deriva culturale e politica verso un radicalismo che confligge con un patrimonio di valori tradizionali, che ritengo invece fondamentali per il sostegno e la difesa dell’umanità dell’uomo e della sua socialità (la vita, la famiglia, i processi educativi, la dignità d’ogni persona, la dimensione spirituale e religiosa dell’uomo ecc.). Ecco perché, sulla linea del Concilio, penso che facendo l’uomo più cristiano faccio anche l’uomo più uomo, e reco un serio contributo al miglioramento della stessa società. Ed è questo, oggi, il primo problema della Chiesa, e per la sua soluzione si sta cominciando a lavorare seriamente anche nel silenzio delle catacombe. Quando mi chiedono di impegnarmi di più nella formazione politica dei cristiani, soprattutto dei giovani, torna alla mente la splendida epopea del 1948 e dintorni, e mi entusiasmo di nuovo. Solo che allora c’erano i cristiani formati dall’Azione Cattolica; oggi, stagione più complessa di allora, ‘sazia e disperata’ per dirla con uno slogan efficace, c’è da rifare prima di tutto il tessuto cristiano della società, come ha detto, con ispirata lungimiranza, Giovanni Paolo II il grande.
Il tessuto cristiano della società
AUTORE:
' Giuseppe Chiaretti