Anche nel corso di quest’ultima settimana è proseguito il dibattito sulle proposte presentate nel “Colloquio di Assisi”, organizzato a metà gennaio da Nemetria. In particolare, fa discutere l’idea di lavorare alla costituzione di un “terzo polo territoriale” nell’Italia Centrale (in cui confluiscano gli sforzi di ripresa delle comunità locali di Marche, Umbria, Abruzzo e Molise), e quella di disegnare questo polo valorizzando il ruolo e le responsabilità di tutte le élite sociali (e non solo di quella politica) e la caratteristica policentrica del tessuto socioeconomico di questa area. Non è certo possibile fare il bilancio di un confronto ricco e tutt’altro che concluso. Conviene piuttosto richiamare alcuni punti, non tutti, della proposta di Nemetria, e tra questi magari qualcuno che più di altri può interessare l’opinione pubblica ternana. 1. Nessuno, tra gli esperti, prescinde da un dato, il quale però non credo sia abbastanza chiaro alla più ampia opinione pubblica. L’Umbria (le famiglie umbre, le imprese umbre, gli individui, ecc.) è una collettività che vive “a sbafo”. Si concede un tenore di vita e di consumi superiore al volume di ricchezza che produce. Da qualche parte, in Italia e nei paesi della Unione Europea, ci sono individui, famiglie, imprese che finanziano con il loro lavoro i nostri lussi. Non basta: negli ultimi anni, questa situazione si è aggravata. Gli umbri sono sempre più scrocconi. A questo si aggiunga che le amministrazioni pubbliche locali sono tra quelle meno efficienti. 2. Qualora anche gli umbri continuassero a far finta di nulla, le trasformazioni economiche ed istituzionali ci preparano un futuro in cui gli scrocconi avranno vita meno facile. “Federalismo”, ad esempio, significa poter contare un po’ meno sulla generosità obbligatoria degli altri e dover contare un poco di più sulle proprie forze. In particolare per la nostra regione, nei prossimi anni si porrà in termini più drastici l’alternativa tra sviluppo ed autonomia. O produciamo di più (o spendiamo meno), oppure verremo liquidati. Scrivendo sulle colonne de La Voce, è forse il caso di notare come le comunità ecclesiali che nella storia d’Italia, e tuttora in tante aree del Paese, sono anima del prezioso senso di responsabile autonomia locale, nella nostra regione hanno da tempo abdicato a questo ruolo nonostante tutti i formali appelli alla dottrina sociale della Chiesa, a cominciare dal principio di sussidiarietà. Spesso giustificano e condividono la furbizia di una società assistita. 3. Quali sono le proposte sul tappeto ? Sostanzialmente tre. La prima proposta è quella “regionalista”, quella ad esempio perseguita dai governi regionali negli ultimi trent’anni. Ne circolano due versioni. La prima versione dice: insieme ce la possiamo fare; la seconda: chiedendo tutti insieme può darsi che da Roma o da Bruxelles qualche cosa ancora sgancino. Della seconda versione credo non meriti parlare (anche se è forse la più diffusa), ha i minuti contati. Della prima versione si può dire che occorre rassegnarsi al suo fallimento. Non siamo la Lombardia o l’Emilia: siamo piccoli e sempre più poveri, sguarniti e forse pigri: così come siamo da soli non ce la facciamo. La seconda proposta (anche in questo caso ne circolano molte versioni) ha ricevuto la sua formulazione più semplice da parte della Fondazione Agnelli. L’Umbria è un debito, dividiamolo in due e facciamolo gravare su aziende che non sono altrettanto “in rosso”. Dunque: Perugia con la Toscana e Terni con il Lazio. Nemetria ha elaborato e lanciato una terza proposta. Umbria, Marche, Abruzzo e Molise possono lavorare insieme, da subito ed alla pari, a prescindere dalla evoluzione dei confini amministrativi, alla costruzione di un terzo polo territoriale nell’Italia Centrale, che faccia sistema in condizioni di sostanziale pari dignità con il polo della Toscana settentrionale (Firenze) e con quello metropolitano (Roma). Tra i vantaggi di questa terza proposta c’è la condivisione di problemi comuni tra queste quattro regioni e c’è il loro aggancio forte alla direttrice di sviluppo adriatica, attualmente una delle più dinamiche del Paese. 4. La proposta di Nemetria ha un particolare significato anche per Terni. Essendo proposta poliarchica e policentrica, punta ad una specializzazione delle amministrazioni (non più doppioni e scatole cinesi tra stato, regioni, provincie, comuni …) e ad un ruolo chiave per le città. Il “terzo polo” non sarebbe un patto tra patetici micro-stati regionali, ma una rete di città. In questo quadro Terni, se ne avesse la forza e le capacità, cesserebbe di essere “sotto” Perugia, un po’ come Bergamo e Brescia non stanno “sotto” Milano, o Vicenza, Padova e Verona non stanno “sotto” Venezia. Inoltre, per citare solamente un altro aspetto, la centralità della dimensione territoriale ed infrastrutturale nel disegno del “terzo polo centro-orientale” valorizzerebbe Terni come centro della “X” Firenze-Pescara/Ancona-Roma e come perno di una delle funzioni che il “terzo polo” potrebbe assicurare all’intero “sistema Italia”.
Il “terzo polo” soluzione anche per il riequilibrio tra Perugia e Terni
L'OPINIONE/ L'Umbria e il federalismo
AUTORE:
Luca Diotallevi