Riprendo da Repubblica di lunedì scorso (27 aprile) una notizia, anzi due. La prima è che un serio istituto di ricerche sociologiche ha calcolato che entro il 2050 il numero complessivo dei musulmani, su scala mondiale, avrà superato quello dei cristiani di tutte le denominazioni. La seconda è che alla stessa data, in campo cristiano, le Chiese forti, cioè in crescita di numeri e di vitalità, saranno quelle dell’America Latina e dell’Africa, mentre quelle dell’Europa e del Nord America avranno aggravato quel declino che già oggi è molto visibile. Come si calcola, come si spiega il “sorpasso” dei musulmani sui cristiani? Semplicemente facendo le proiezioni, calcolando che le famiglie musulmane hanno più figli di quelle cristiane. Per di più, nella vecchia Europa stanno diventando massa coloro che alla nascita erano stati battezzati, ma da adulti si dichiarano non credenti, e se hanno figli, non li battezzano. Così, si prevede che nel 2050 in alcuni Paesi europei come la Francia e la Gran Bretagna la religione più praticata sarà, appunto, l’islam. Quanto alla previsione che in campo cristiano il Sud del mondo avrà la prevalenza sul Nord, si potrebbe dire che già ci siamo, visto che oggi abbiamo un Papa che viene dall’America Latina e ogni giorno fa un piccolo gesto rivoluzionario. Fin qui le notizie. Quale il commento che possiamo dare? Certo, molta amarezza. Anche nelle nostre diocesi, quante chiese parrocchiali che avevamo visto fiorenti ancora quaranta anni fa sono ormai chiuse per sempre, tanto nelle città come nelle campagne? E non è un problema solo della Chiesa. Qualche anno fa ci sono stati dibattiti stucchevoli sulle “radici cristiane” dell’Europa, sconfessate dalla politica in nome del “politicamente corretto”. Ma chi sa la storia lo sa, che per mille e più anni quell’insieme di popoli che chiamiamo Europa ha costruito la sua identità e la sua civiltà intorno al cristianesimo. Perdere la fede vuol dire perdere anche quelle radici e quella civiltà. In cambio di che cosa?
Il “sorpasso” musulmano
AUTORE:
Pier Giorgio Lignani