A distanza di 8 anni dalla morte di Giovanni Paolo II (2 IV 2005), chi non ricorda quella Bibbia aperta, posata sulla bara in Piazza S.Pietro sfogliata e come strapazzata dal vento? Questo la faceva da da protagonista attirando l’attenzione di tutti. Ebbene. Mercoledì mattina, assistendo per televisione all’udienza del Papa trasmessa in diretta da TV2000, ho avuto la sensazione che sia avvenuto qualcosa di simile. Non un funerale, né la Bibbia, ma la testa del Papa, dalla quale una decisa e rapidissima folata di vento ha fatto volare via lo zucchetto, e non si sa dove sia finito. Qualcuno lo avrà raccolto con un sorriso. Ma non è questo che interessa. Interessa invece segnalare che il vento, quando soffia forte, non si può nascondere e trascurare, quasi non esistesse. Riesce a essere insistente, talvolta gradevole, altre volte troppo freddo e perfino minaccioso, e annunciare tempesta. Non dico che il vento, nonostante la parola identica in ebraico e greco (ruach, pneuma), sia la stessa cosa dello Spirito. Ma che sia un segno di riferimento è plausibile, e perfino suggerito da Gesù quando al saggio maestro ebreo Nicodemo nei colloqui notturni disse proprio così: “Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va; così è di chiunque è nato dallo Spirito” (Gv 3,8).
A parte gli zucchetti del Papa che vanno e vengono in uno scambio frequente con gente curiosa e desiderosa del contatto almeno indiretto con il Papa, da quando Francesco parla in quella piazza lo Spirito aleggia sulla folla in modo inusitato. Non sono solo le parole, ma il tono; non solo i concetti ma i messaggi, diretti come frecce; non la dottrina, sempre in linea con quella più tradizionale, ma la libertà dell’espressione e dell’accento; non la voce, che non ha alcun particolare timbro – non riesce neppure a cantare – ma il gesto. Il discorso sul “popolo di Dio” ha fatto pensare alla Chiesa universale sparsa ovunque sulla terra, dai grandi orizzonti senza barriere, come unico popolo mescolato tra popoli e nazioni, compatto e legato da vincoli di amore che non consentono conflitti e guerre. “Come è possibile che vi siano guerre tra cristiani?”, si è domandato più volte. Un sogno? Un’utopia? No, un impegno cristiano e umano di pace, nel quale è coinvolto l’amore di Dio che ama come una Madre tutti i suoi figli. Una realtà possibile da costruire incominciando dall’impegno di riconciliazione di ognuno con il suo fratello. Abbiamo tutti qualcuno con cui siamo arrabbiati. Ebbene cominciamo da qui, dice il Papa, dalla preghiera: “Pregate per le persone con le quali siete più arrabbiati, fatelo, subito oggi, oggi”, con il dito che indica insistenza pressante.
A quell’udienza hanno partecipato fedeli della diocesi di Assisi guidati dal loro vescovo Sorrentino, ed è stato spontaneo e ovvio pensare al vento, “spirito di Assisi”. Le parole di Papa Francesco molto spesso – essendo noi abituati e anche predisposti ad ascoltare discorsi elaborati, complessi e profondi -, molto spesso, per il modo di esprimerle, sembrano più di Francesco che del Papa. Ora però che il Papa si chiama Francesco, non dobbiamo più sdoppiare le due figure e le due maniere di annunciare il Vangelo, che è uno e tale rimane; ma fare armonia e sintesi, seguendo il soffio dello Spirito.