A margine dell’inaugurazione della 58a Settimana liturgica nazionale di Spoleto, abbiamo intervistato padre Vittorio Viola, liturgista, francescano.La liturgia come porta gli uomini all’incontro con Dio?’La liturgia, secondo quanto fissato dal Concilio vaticano II, affinché il Mistero pasquale possa coinvolgere la vita dei fedeli, è assolutamente interessata al contatto reale con tutto ciò che è umano. Quindi con tutto ciò che è linguaggio e cultura, nonché con le diverse forme in cui una cultura si esprime. Sia però chiaro che non si tratta di un ‘abbassamento’ di ciò che teologicamente è la liturgia, quanto piuttosto la capacità di trovare – per ritus et preces, come ha affermato lo stesso Concilio, ossia attraverso i riti e le preghiere che sono gesti e parole dell’uomo – una modalità comunicativa efficace e vera, attraverso la quale il Mistero pasquale può incontrare l’esistenza umana’.Necessita dunque di essere ‘al passo coi tempi’. ‘Il cammino che la liturgia sta facendo dopo il Concilio vaticano II – evento che ha prodotto la più grande riforma liturgica dell’intera storia della Chiesa – è proprio quello di trovare quelle vie che la Chiesa chiama di ‘adattamento’, ma nel senso più profondo di inculturazione. A che punto siamo di questo percorso? Mi sembra che, affinché la ricerca attuale possa proseguire nella verità, sia fondamentale riferirsi sempre a quei principi basilari che la costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium (del 4 dicembre 1963, ndr) espresse come frutto maturo di un lungo percorso che hanno saputo fare il movimento liturgico e il magistero della Chiesa; basti citare la lettera enciclica Mediator Dei (20 novembre 1947, ndr). Tornare sempre a quei fondamenti è esattamente ciò che ci permette di affrontare un confronto vero con quelle forme di comunicazione e quelle forme culturali in cui l’uomo di oggi è immerso’. La liturgia è fatta di simboli. Cosa si intende esattamente con questa frase? ‘L’uomo ha bisogno del simbolo liturgico, specie in una società profondamente secolarizzata. La liturgia parla sempre un linguaggio simbolico, dove per simbolo intendiamo una ‘doppia realtà’: ciò con cui noi ci relazioniamo attraverso i nostri sensi e ciò che, invece, quella stessa realtà è. Tale capacità di leggere ‘come da dentro’, di avere occhi che sanno andare al fondo della realtà, ci fa vivere il simbolo liturgico non come immaginazione bensì come presenza reale di Dio attraverso quella modalità con cui Egli stesso ha scelto di consegnarsi a noi, ossia attraverso la logica dell’Incarnazione che continua nei simboli liturgici. Per questo la liturgia è fatta di parole, gesti, pane, vino, olio, acqua, convivialità, relazione, scambio, dialogo: tutte realtà che appartengono all’uomo, piuttosto che ad un’aurea cultuale separata dalla vita dell’uomo. La liturgia riguarda più la casa e la cucina che il tempio, e ciò ci è più comprensibile se teniamo conto di come è nata la liturgia cristiana. Papa Pio XII, nella Mediator Dei, dichiarava apertamente cosa non è liturgia: sbagliano infatti coloro che credono che sia semplicemente giuridismo, ossia l’insieme di norme che regolano il culto; ma non sbagliano di meno coloro che ritengono che la liturgia sia essenzialmente esteriorismo, quasi un estetismo, una forma di apparenza teatrale. Invece la liturgia è la presenza attuale del Mistero pasquale, quindi l’oggi della storia della salvezza’.
Il respiro e l’anima di un popolo
Intervista a padre Viola, liturgista a margine della Settimana liturgica che si svolgerà a Spoleto dal 27 al 31 agosto
AUTORE:
Paolo Giovannelli