Il 16 febbraio a Milano e dintorni una raffica di arresti ha dato il via all’ennesimo scandalo nazionale: in questo caso si tratta di un giro di tangenti per contratti del servizio sanitario regionale in Lombardia. Sono state colpite persone molto vicine all’attuale governo regionale; e a quanto se ne sa le accuse sembrano serie e solide. C’è un dettaglio sinistro sul quale conviene riflettere. L’indagine riguarda, in realtà, solo una fettina ristrettissima dell’enorme giro di affari della sanità lombarda: precisamente si discute degli acquisti degli enti sanitari regionali per beni e servizi destinati unicamente al servizio odontoiatrico.
Questo vuol dire che se l’indagine si allargasse a tutti gli altri settori del servizio sanitario (diversi dei quali assai più ricchi di quello odontoiatrico) si potrebbero scoprire infiniti altri canali di corruzione e di ruberia. Naturalmente non vogliamo dire che siano corrotti tutti e dappertutto: ma non è neppure realistico pensare che il marcio si annidasse in un unico angolino e tutto il resto sia limpido come acqua di sorgente. Lo stesso discorso vale per lo scandalo romano, denominato “mafia capitale”, quello di Buzzi, Carminati e soci. Le tangenti lì riguardavano il piccolo mondo dei servizi di assistenza per profughi, migranti e nomadi: di nuovo, appena una minuscola fettina della spesa pubblica locale a Roma e dintorni; e di nuovo, quindi, è legittimo chiedersi quanti altri illeciti ci siano ancora da scoprire negli altri settori. La gigantesca ombra della corruzione inquina l’immagine di quello che chiamiamo lo “stato sociale”: ossia lo Stato che si fa carico del benessere di tutti i cittadini “dalla culla alla tomba”.
Lo stato sociale è una splendida conquista del secolo passato; ma ha comportato (per la sua stessa logica) l’esplosione della spesa pubblica. Solo per i servizi sanitari in Italia la spesa pubblica annuale supera i 110 miliardi di euro, il 7% del Pil. È fatale che questo fiume di denaro richiami l’attenzione di tutti i furbi e gli imbroglioni. Lo stato sociale dunque avrebbe bisogno, per sopravvivere, non solo di enormi risorse ma anche di una ferrea moralità collettiva. E non siamo sicuri di averla.