Parte e arriva alla libertà religiosa il Papa nel tradizionale discorso al Corpo diplomatico. E non poteva non essere così, alla luce del recente, impegnativo e profondo messaggio per la Giornata della pace 2011 e del capodanno insanguinato, non solo in Egitto, ma in tante parti del mondo. “Questo diritto dell’uomo, che in realtà è il primo dei diritti, perché storicamente è stato affermato per primo e, d’altra parte, ha come oggetto la dimensione costitutiva dell’uomo, cioè la sua relazione con il Creatore, non è forse troppo spesso messo in discussione o violato?”, si chiede a buon diritto Benedetto XVI. E allora è esplicito, il Papa, nel denunciare la legge contro la blasfemia in Pakistan, la necessità di strutture pastorali per i cattolici immigrati nei Paesi della Penisola arabica, la situazione del Medio Oriente, dove i cristiani sono spesso contratti all’emigrazione, fino alla Cina e alla Nigeria. Ce n’è anche per quei “Paesi nei quali si accorda una grande importanza al pluralismo e alla tolleranza, ma dove la religione subisce una crescente emarginazione”. Bisogna, infatti, smascherare quel falso pluralismo o rispetto che pretende di eliminare simboli e feste religiose. Così, ribadisce il Papa, si tagliano le radici delle culture e, dunque, si mina la coesione sociale. Alta dev’essere anche la vigilanza in campo educativo, come di fronte a diverse iniziative legislative in alcuni Paesi dell’America Latina. È, quest’anno, un messaggio vibrante. Chiama tutti per nome il Papa, mette tutti gli Stati di fronte alla comune responsabilità verso la libertà religiosa, e lo fa con la mitezza e la fermezza di chi non difende un potere, ma semplicemente la libertà. La ferma denuncia del sopruso, dell’oppressione, della violenza, in forme aperte o subdole, è accompagnata anche dai segni di speranza, come le prese di posizione “di alcuni Paesi dell’Europa” dopo l’attentato di Alessandria d’Egitto per la tutela della libertà religiosa e l’ampia mobilitazione, che ha coinvolto oltre a diversi Stati e associazioni, anche il Patriarcato di Mosca, e sulla questione del crocifisso, nel ricorso ancora pendente dinanzi al Consiglio d’Europa, di cui si loda la recente pronuncia a tutela dell’obiezione di coscienza. Spiragli cominciano ad intravedersi a Cuba. Se il piano diplomatico è fondamentale, in realtà il tessuto profondo della presenza e della fede cristiana è l’amore, la carità. Evocando la figura di Teresa di Calcutta, Benedetto XVI afferma che, in un mondo globalizzato ma sempre sull’orlo di una crisi sistemica, è necessaria un’anima, che non può che essere quella della carità, dell’amore, che supera ogni confine, antico e nuovo, i confini degli Stati, ma ancora di più quelli delle culture, dei popoli. Per questo la libertà religiosa è il primo dei diritti, che ordina e garantisce tutti gli altri. Per questo è un diritto debole, ma che proprio perciò tutti dobbiamo riconoscere e tutelare. Per poter essere pienamente civili.