Con il superamento del concorso che si è concluso nell’estate scorsa, gli insegnanti di religione sono entrati a pieno titolo nel mondo della scuola. Un traguardo atteso da tempo che permetterà a molti insegnanti di poter entrare finalmente in ruolo. La maggior parte di loro è in possesso di una laurea, oltre che di un titolo ecclesiastico, (equivalente ad una laurea). Il 90% sono laici, oltre il 70% è donna e molte, soprattutto nelle scuole dell’infanzia e nelle primarie, sono giovani. La figura del prete che insegna religione cattolica è quasi scomparsa: “molti di loro hanno ormai raggiunto l’età pensionabile – spiega don Corrado Melinelli responsabile regionale e direttore dell’ufficio diocesano per l’insegnamento della religione cattolica della diocesi di Perugia – Città della Pieve – mentre altri hanno preferito rinunciare, per evitare problemi alla continuità dell’insegnamento in caso di trasferimento di sede per motivi pastorali”. Gli insegnanti che hanno superato il concorso per la scuola dell’infanzia e per la primaria sono stati 108, quelli per la scuola secondaria di primo e secondo grado 138. I primi copriranno tutti i posti disponibili, mentre per gli insegnanti delle secondarie probabilmente il posto non ci sarà per tutti, per cui qualcuno rimarrà fuori. “L’Umbria è stata tra le prime a concludere il concorso, anche per il numero ridotto degli insegnanti – spiega don Corrado – ma ancora siamo in attesa del decreto ministeriale che ci dica il numero dei posti disponibili nelle singole province”. “L’unica notizia certa di questi giorni – prosegue – è che con il Decreto ministeriale, che dovrebbe essere varato durante il corrente anno scolastico, la nomina degli insegnanti ((il 60% del totale di quelli che andranno a ruolo) giuridicamente scatterà dal 1’settembre 2004, mentre economicamente, dal 1’settembre 2005. Inoltre tutti gli insegnanti saranno immessi in ruolo nel posto dove hanno iniziato l’anno, salvo qualche piccolo aggiustamento. Questo perché quando all’inizio dell’anno abbiamo inoltrato alle scuole la proposta di nomina per i singoli insegnanti, lo abbiamo fatto tenendo conto di quelle che si ritiene diverranno cattedre a ruolo”. In tutta l’Umbria gli insegnanti di religione sono poco più di 350, di questi, 246 hanno potuto partecipare al concorso e lo hanno superato. Nel numero complessivo appena una quindicina sono preti e religiosi, sette solo nella diocesi di Perugia. Ma quanti sono gli alunni e gli studenti che si avvalgono dell’insegnamento della religione cattolica? “Nella scuola dell’infanzia e primaria raggiungono circa il 96 – 97%, alle medie e alle superiori la percentuale oscilla tra il 94 – 97 %. Tra questi – racconta don Corrado – ci sono anche un certo numero di studenti di religione non cattolica, soprattutto musulmani. Queste famiglie – continua – hanno capito qual è oggi la vera finalità dell’insegnamento della religione cattolica nelle scuole. Lo scopo principale – ribadisce – non è quello di far sì che i giovani entrino a far parte della Chiesa, ma che conoscano quello che è il cristianesimo, cioè quella matrice culturale che ha prodotto opere d’arte, di pittura, di poesia, di musica, un patrimonio storico – culturale e artistico che, in molti casi, è frutto di una profonda fede, in Gesù Cristo”. “D’altra parte la presenza di alunni non cattolici nell’ora di religione – conclude – può indurre gli insegnanti di religione ad un eccessivo rispetto nei confronti di questi giovani, tanto da indurli a eliminare dalle scuole i segni cristiani: ad esempio si preferisce l’albero di Natale al presepe perché non dà fastidio ai non cattolici. In questo modo però si rinuncia al nostro patrimonio culturale”. All’ora di religione ci sono anche i musulmani Marta e Elena sono due insegnanti di religione: ambedue lavorano in circoli scolastici dove la percentuale di famiglie musulmane è piuttosto alta. Tra queste capita che ce ne siano alcune che lasciano frequentare ai figli la lezione di religione. “Generalmente – racconta Marta, insegnante nella scuola primaria – i genitori di origine araba scrivono ‘no’ sulla domanda di adesione, ma a volte sono i bambini stessi, e sono quelli più curiosi, che vogliono seguire le lezioni. Un anno un padre mi ha confidato che, pur non permettendo al figlio di rimanere in classe, si è fatto convincere e l’ha portato a vedere la chiesa di S. Maria degli Angeli”. Poi ci sono le famiglie di origine albanese: anche loro scrivono ‘no’ – spiega – e sono quelli praticanti, ma se assistono alle riunioni con i genitori e ascoltano le vere motivazioni dell’insegnamento della religione, allora “spesso cambiano idea e permettono la frequenza al proprio figlio. In ogni caso – conclude – c’è molto rispetto verso l’insegnante di religione e non rifiutano il colloquio”. Elena insegna religione da diversi anni. “Quasi sempre – racconta – i genitori permettono ai loro figli di seguire le lezioni; questo accade soprattutto con quelli più attenti e dopo che noi abbiamo avuto con loro un colloquio”. Ma c’è anche chi dice di ‘no’: “quest’anno ne ho due di bambini musulmani che non frequentano, ma la ragione principale credo dipenda dal fatto che i genitori si assentano spesso e portano i figli con loro”. “Negli anni passati – ricorda – abbiamo fatto molti progetti che potessero coinvolgere gli alunni di altre religioni: progetti come quello sulla Palestina, che ha permesso di esaminare la realtà delle tre religioni, cattolica, ebrea e musulmana; il progetto sul valore della Pace, che potesse fornire occasione di confronto e dialogo con altre religioni”. Nelle scuole superiori il numero dei giovani che seguono l’ora di religione diminuisce sensibilmente: “la percentuale dei non avvalentesi – racconta un insegnante di un grande istituto superiore di Perugia – a quest’età è molto più alta, circa il 20%. Generalmente i ragazzi musulmani, la cui famiglia è praticante, non partecipano alle lezioni, e se partecipano, comunque lo fanno solo per essere più inseriti nella comunità scolastica”.