La settimana scorsa ho parlato dei cento modi che ha uno Stato per indebitarsi con il nobile scopo di sostenere la capacità di spesa dei propri cittadini; e ho detto che uno dei tanti modi sono le pensioni di invalidità facili.
L’argomento ci tocca da vicino, perché l’Umbria è, se non la prima, una delle prime regioni in Italia per il numero di pensioni di invalidità in rapporto alla popolazione. Tutti falsi invalidi? Certamente no. Ma tra i due estremi (l’invalido vero e l’invalido falso) c’è una sterminata zona grigia popolata di mezzi invalidi, quasi invalidi, e gente che sta così così; il tutto, in un Paese dove un certificato medico compiacente non si nega a nessuno.
Da un po’ di tempo la legge ha reso più restrittivi i criteri e più severi i controlli; ma “ai bei tempi”, una cinquantina di anni fa, quando cominciavo a frequentare i tribunali, quasi la metà del lavoro del Tribunale civile di Perugia erano le cause dei cittadini contro l’Inps per farsi riconoscere l’invalidità e la relativa pensione.
Quelli che lo facevano non avevano neppure bisogno di cercarsi un avvocato e di pagarlo, perché ci pensavano i Patronati, con i soldi dello Stato. Regolarmente perdeva l’Inps, perché i giudici non potevano far altro che affidare il giudizio a un consulente tecnico medico, il quale riusciva sempre a stabilire che una malattia c’era (una malattia c’è sempre) e che ne derivava una certa percentuale di riduzione della capacità lavorativa (in realtà quell’individuo lavorava lo stesso, ma per la legge questo non contava).
Così gli invalidi con pensione diventavano un esercito e lo Stato aumentava piano piano quel debito che ancora ci pesa addosso. A chi diceva che tutti questi invalidi erano una follia, Ciriaco De Mita rispondeva: “Al Nord ci sono le industrie, e quando va male, hanno la cassa integrazione; al Centro-Sud le industrie non ci sono, la cassa integrazione non c’è, e in compenso abbiamo le pensioni di invalidità, ma la funzione sociale è sempre la stessa, si chiamano ammortizzatori sociali”.
Era giusto? Un po’ sì, forse. Ma a lungo andare tutto si paga, e duramente. Oggi tocca alla Grecia, domani…