La quarta domenica di Pasqua, il 26 aprile, era quella detta “domenica del Buon Pastore”. Essa – ha affermato Papa Francesco all’Angelus – “ogni anno ci invita a riscoprire, con stupore sempre nuovo, questa definizione che Gesù ha dato di se stesso, rileggendola alla luce della sua passione, morte e risurrezione”.
“Il buon pastore offre la vita per le pecore” (Gv 10,11). “Queste parole – ha aggiunto il Vescovo di Roma – si sono realizzate pienamente quando Cristo, obbedendo liberamente alla volontà del Padre, si è immolato sulla croce. Allora diventa completamente chiaro che cosa significa che egli è il buon pastore: dà la vita, ha offerto la sua vita in sacrificio per tutti noi: per te, per te, per te, per me, per tutti! E per questo è il Buon Pastore.
Cristo è il pastore vero, che realizza il modello più alto di amore per il gregge: egli dispone liberamente della propria vita, nessuno gliela toglie (cfr v. 18), ma la dona a favore delle pecore (v. 17). In aperta opposizione ai falsi pastori, Gesù si presenta come il vero e unico pastore del popolo. Il cattivo pastore pensa a se stesso e sfrutta le pecore; il pastore buono pensa alle pecore e dona se stesso.
A differenza del mercenario, Cristo pastore è una guida premurosa che partecipa alla vita del suo gregge; non ricerca altro interesse, non ha altra ambizione che quella di guidare, nutrire e proteggere le sue pecore. E tutto questo al prezzo più alto, quello del sacrificio della propria vita”.
“Nella figura di Gesù, pastore buono – ha proseguito il Papa -, noi contempliamo la provvidenza di Dio, la Sua sollecitudine paterna per ciascuno di noi. Non ci lascia da soli! La conseguenza di questa contemplazione di Gesù pastore vero e buono è l’esclamazione di commosso stupore che troviamo nella seconda lettura dell’odierna liturgia: ‘Vedete quale grande amore ci ha dato il Padre…’ (1Gv 3,1).
È davvero un amore sorprendente e misterioso perché, donandoci Gesù come pastore che dà la vita per noi, il Padre ci ha dato tutto ciò che di più grande e prezioso poteva darci. È l’amore più alto e più puro, perché non è motivato da alcuna necessità, non è condizionato da alcun calcolo, non è attratto da alcun interessato desiderio di scambio. Di fronte a questo amore di Dio, noi sperimentiamo una gioia immensa e ci apriamo alla riconoscenza per quanto abbiamo ricevuto gratuitamente.
Ma contemplare e ringraziare non basta. Occorre anche seguire il Buon Pastore. In particolare, quanti hanno la missione di guide nella Chiesa – sacerdoti, vescovi, Papi – sono chiamati ad assumere non la mentalità del manager ma quella del Servo, a imitazione di Gesù che, spogliando se stesso, ci ha salvati con la sua misericordia. A questo stile di vita pastorale, di buon pastore, sono chiamati anche i nuovi sacerdoti della diocesi di Roma che ho avuto la gioia di ordinare questa mattina nella basilica di San Pietro”.