Vediamo di capire qualche cosa del pasticcio che sta creando un contrasto fra il Governo italiano e la magistratura. In linea di principio, ogni Stato ha il potere di selezionare gli stranieri che vogliono entrare nel suo territorio, e di respingere alla frontiera quelli che non hanno i permessi in regola, o addirittura non hanno affatto documenti.
È stato sempre così. Nel tempo, sono intervenute diverse convenzioni internazionali, di livelli diversi, che hanno stabilito eccezioni in favore dei soggetti più deboli. Così, è vietato rigettare alla frontiera quelli che sono in pericolo di vita (è il caso dei naufraghi dei barconi); vanno messi in salvo e poi si penserà a rimpatriarli. Poi ci sono le convenzioni a protezione dei rifugiati, ossia di quelli che chiedono asilo politico; se ne hanno i requisiti, debbono essere accolti e protetti.
Il problema è che in genere chi si presenta per chiedere asilo non ha con sé nessun documento e di lui si sa solo quello che racconta. Perciò è inevitabile spendere un po’ di tempo (che a volte può essere anche molto) per fare le verifiche del caso. Intanto, il richiedente asilo non può essere espulso; però c’è un altro problema: se rimane libero, c’è il rischio che si eclissi e non si faccia più trovare.
Allora le convenzioni internazionali – e le direttive della UE che sono assai minuziose – consentono che in questo intervallo il richiedente asilo sia internato in un apposito centro di permanenza, diciamo una specie di carcere (come quelli che la Meloni ha fatto fare in Albania). Inoltre, questo internamento deve essere convalidato dall’autorità giudiziaria: questo lo chiede la nostra Costituzione perché è un provvedimento che incide sulla libertà personale.
Il giudice cui spetta emettere questa convalida deve verificare che ci siano tutte le condizioni richieste per mettere sotto chiave quelle persone; e deve farlo avendo riguardo alle leggi nazionali ma anche alle convenzioni internazionali e alle direttive della UE. Queste ultime sono quelle che pesano di più, perché se c’è un contrasto fra loro e la legge nazionale, prevalgono di diritto quelle europee. Se c’è un dubbio di interpretazione, il giudice deve sospendere il suo giudizio e sottoporre la questione alla Corte di Giustizia della UE, che ha sede a Lussemburgo (e intanto il richiedente asilo è a piede libero). Il tutto non è un bel pasticcio?