Da un lato il “disastro antropologico”, con “crescita dell’aggressività minuta e diffusa”, aumento delle “grandi patologie individuali” (droghe, suicidio, depressione, anoressia ecc.); “mancanza di senso del futuro e di trascendenza” e rifugio nei “surrogati” quali esoterismo e New Age, fino alla “estinzione del desiderio”. Dall’altro la riscoperta dei valori tradizionali, quali famiglia, gusto per la qualità della vita, tradizione religiosa, amore per il bello, moralità, onestà, rispetto per gli altri, solidarietà. È quanto emerge dalla ricerca del Censis, presentata martedì a Roma, su I valori degli italiani. Dall’individualismo alla riscoperta delle relazioni. Insieme al fondatore e presidente Giuseppe De Rita ne hanno parlato, alla sede del Censis, Giuliano Amato, presidente del Comitato dei Garanti per le celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, e Paolo Peluffo, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Secondo il Censis, gli italiani sono “stanchi delle forme più estreme e sregolate di individualismo e trasgressione”; è scattato il “riflesso law and order”, e la grande maggioranza dei cittadini vorrebbe misure più restrittive su droghe, guida pericoloso, prostituzione, alcol, fumo, obesità. Tra i primi dati che emergono dalla ricerca, il ritorno del padre come “modello” a cui ci si ispira (ben il 22,1%) mentre la madre è ferma al 12,9%.Aumentano i “credenti”. Il tema della trascendenza, nonostante il suo indebolimento, appare uno degli aspetti centrali di questo “ritorno ai valori” da parte degli italiani. Intanto un dato di tendenza: mentre “negli anni Ottanta – dice il Censis – si professava credente, riconoscendosi in un credo organizzato, il 45,1% degli italiani, oggi la quota di popolazione che si riconosce nel medesimo item è pari al 65,6%”. Il dato appare quasi paradossale: a un apparente diminuzione del senso “spirituale” della trascendenza (vivere orientati all’“aldilà”) fa riscontro un altrettanto significativo incremento di quanti comunque dichiarano di “credere in una sfera trascendente”. A tale 65,6% di “credenti” si devono poi aggiungere il 15,6% di persone che “pur non essendone pienamente convinte, credono che in fondo ci sia ‘qualcuno’ o ‘qualcosa al di là della realtà materiale’”, portando il totale di quanti hanno un orientamento trascendente a oltre l’81%. Sempre nell’ambito della sfera religiosa o comunque spirituale, tra i valori che “accomunano gli italiani” la tradizione religiosa rappresenta il 21,5%, al terzo posto dopo il “senso della famiglia” che domina con il 65,4% delle scelte, e il “gusto della qualità della vita” per il 25%. Tra fiducia e sfiducia. Tra le sottolineature di questa ricerca sugli italiani e le loro attese, la “riscoperta della prossimità” appare tra le più indicative. Il Censis afferma che “più del 50% degli italiani definisce ‘belli’ i comportamenti tra le persone che non si conoscono, cioè quelle persone che si incrociano quotidianamente per strada, nei negozi, sugli autobus… È la forza di coesione che nasce nel riconoscere l’altro, nel cercare la solidarietà dell’altro”, aggiunge il Rapporto, parlando di “moltitudine silenziosa di belle persone, la forza che muove il Paese: una fiducia reciproca di cui nessuno parla, fatta di piccole gesti quotidiani e minuti, di piccole gentilezze, ma anche di controllo sociale, di attenzione, di vigilanza”. Sono discorsi nuovi, e lo stesso Censis parla di “bisogno di riscoprire l’altro, iniziando dal più vicino… come puntiforme esigenza di riscoprire una categoria che abbiamo perduto, quella della prossimità”. Si tratterebbe di un “processo ancora embrionale”, un “desiderio di uscire da sé per andare verso gli altri”. C’è però un dato non positivo: il Censis afferma che questa esigenza “riguarda una cerchia relativamente stretta di ‘prossimi’”, mentre la collettività nazionale resta “sostanzialmente esclusa dai sentimenti di fiducia e di responsabilità reciproca”. In altre parole, “dal punto di vista etico, gli italiani non si fidano degli italiani”.