Una nota più che opportuna, anzi necessaria, alta e autorevole, con il tono pacato e fermo secondo il suo abituale stile, è venuta dal presidente Mattarella: “Le elezioni accentuano le tensioni. Mi auguro che, concluso questo percorso, ci sia un’attitudine più serena, nel rispetto delle posizioni diverse”. Tale auspicio è condiviso dalla maggior parte dei cittadini, stanchi di litigi e risse, come l’ultima provocata dalla presidente della Commissione parlamentare antimafia Rosy Bindi per la “presentazione” pubblica degli “impresentabili”, che avrà una coda di polemiche e ingiurie. È in atto anche la verifica e la conta delle schede annullate.
Ora però le elezioni sono concluse, e i cittadini hanno scelto. Ci sarà da eleggere il presidente del Consiglio regionale, formare le Giunte e assegnare gli assessorati. Anche questo dovrà essere fatto tenendo conto di dati oggettivi, in base alle competenze, attitudini, disponibilità, con un occhio al territorio di appartenenza degli eletti. Ci si attende di non assistere a duelli personali per i posti da occupare. Ciò non avverrà – o non dovrebbe avvenire – se gli incarichi saranno considerati in tutta la loro portata di responsabilità, e non come una poltrona da occupare, da esibire per ambizione personale o per interesse di corrente di partito.
Purtroppo, sappiamo che nella sinistra, che ha governato la nostra Regione da sempre, ci sono conflittualità, gelosie, oltre a versioni di colore politico diverso. C’è anche la frattura tra la sinistra “dolce” renziana e la minoranza “ribelle”. Si dovrebbe mettere in conto che i cittadini – non sappiamo quanti, ma sicuramente più di quanto si pensi – hanno scelto di votare a sinistra per sostenere il Governo, evitando di mettere in crisi un cammino, sia pur lento, di ripresa e di riforma dello Stato. Per quanto riguarda l’opposizione, sempre in Umbria, si presenta piuttosto frastagliata, e questo pare anche il motivo del mancato successo: troppo distante il programma di Ricci, sindaco di Assisi, con tutto ciò che evoca nell’immaginario collettivo, da quello di Salvini, e tra quest’ultimo e quello di Grillo.
Ora, abbassati i toni e le pretese, gli eletti si metteranno tutti a studiare, maggioranza e opposizione, discutendo tra loro per giungere a conclusioni concrete, cercando le risorse disponibili e quelle che si possono recuperare, e con l’attenzione di frenare le tasse ed evitare gli sprechi, come si è detto in campagna elettorale senza demagogia e slogan a effetto. Non sarà facile. Sarà utile mettersi in dialogo con la società civile su ciò che sta a cuore a tutti: la salute, il lavoro, l’ordine pubblico, la famiglia, la scuola.
L’Umbria, tra le sette Regioni che hanno avuto le elezioni è la più piccola, solo 20 consiglieri: una famiglia, si direbbe. Inoltre si tratta di persone chiamate ad amministrare, più che a pontificare e disquisire su astratte teorizzazioni ideologiche e geopolitiche. Possono lavorare bene e produrre una svolta, un riscoperta dell’utilità del sistema regionale, in alternativa al centralismo burocratico dei regimi liberali del passato. Per questa ragione i cattolici sono legati all’ideale “regionalistico” per il quale si è battuto quel grande genio della politica che fu don Luigi Sturzo, di Caltagirone. Cito la località per evocare le periferie da non dimenticare, anche quelle dell’Umbria, che tanto hanno dato alla Marini.
Non ci facciamo illusioni, evidentemente. Ma gli eletti devono ogni giorno ricordare che stanno amministrando risorse non proprie, che in Italia assommano alla strabiliante cifra di 190 miliardi: spalmati su tutti gli italiani, segnano un costo medio di 3.124 euro a persona. Se tutto ciò non produce il bene comune – è stato detto – il sistema diventa un “mostro tentacolare” che si prende pubbliche risorse e restituisce servizi non sempre all’altezza delle attese. L’augurio per tutti gli eletti che queste non siano deluse.
Elio Bromuri