Siamo stati tutti colpiti dalle parole di papa Benedetto XVI, quando ad Auschwitz si è chiesto, di fronte alla tragedia dell’Olocausto, “Dove era Dio in quei giorni? Perché Egli ha taciuto? Come poté tollerare questo eccesso di distruzione, questo trionfo del male?”. Ci sono momenti nella vita delle persone, come anche nella storia, in cui Dio sembra assente o sembra non curarsi degli uomini. È quanto accade nel Vangelo di oggi: “Maestro, non t’importa che moriamo?” (Mc 4,38), dicono, spaventati, i discepoli al Signore.
Ma riprendiamo da capo il discorso. Il nostro testo prende l’avvio da una decisione di Gesù, quella di attraversare il lago di Galilea. Non sappiamo bene le ragioni di tale decisione; secondo Enzo Bianchi, il passare all’altra riva di Gesù “indica fretta, urgenza missionaria ma è anche un comando di Cristo per i discepoli ad andare ad altre rive, ad estendere la missione anche passando attraverso le tempeste”. Perché di una vera e propria tempesta si parla; ad accorgersene, però, sono tutti tranne Gesù. Lui infatti dorme. Gesù dorme. Forse il lettore deve immaginare che Gesù sia stanco. Se rileggiamo i versetti precedenti il nostro passo, vediamo che il Maestro ha continuato ad insegnare, stando seduto su una barca, raccontando parabole e spiegandone il significato. In ogni caso, ad un certo punto si addormenta.
Anche di Dio, e può sembrare strano, nella Bibbia si dice che dorma: “Svegliati, perché dormi, Signore? Destati, non ci respingere per sempre” (Sal 44,24), sono le parole del salmista, quando è nella sofferenza e nella prova. Anche Isaia grida al Signore: “Svegliati, svegliati, rivestiti di forza, o braccio del Signore. Svegliati come nei giorni antichi, come tra le generazioni passate” (Is 51,9). Com’è possibile che Dio dorma? Anche Giona dormiva. Molti commentatori moderni hanno notato che il Vangelo di oggi ha delle analogie con la storia di Giona. Il profeta è su una barca, come Gesù, e scoppia una tempesta mentre dorme. I marinai lo svegliano, e gli dicono: “Alzati, invoca il tuo Dio! Forse Dio si darà pensiero di noi e non periremo” (Gn 1,6), proprio come i discepoli chiedono aiuto al Signore.
Ricordiamo come finisce la storia: appena si scopre che Giona è un ebreo, decidono di buttarlo in acqua per placare la tempesta: “Presero Giona e lo gettarono in mare e il mare placò la sua furia” (1,15). Ma con l’episodio narrato da Marco ci sono grandi differenze. Giona dorme perché stanco della vita, e perché non vuole predicare la conversione a Ninive. Gesù, invece, dorme perché stanco dall’aver predicato tutto il giorno. Giona dorme nella stiva, si vuole nascondere, perché “fugge lontano dal Signore” (1,1); Gesù, al contrario, è sul cuscino, cioè insieme agli altri, in superficie. Infine, il modo in cui si placa la tempesta dice la differenza più grande; nel nostro testo “la salvezza avviene non perché il profeta è gettato in mare, ma perché il profeta Gesù, prendendo a cuore la sorte di coloro che sono nella barca, si alza e placa il vento e le onde con una sola parola potente, così come egli ottiene obbedienza dai demoni in altri punti del racconto” (Van Iersel).
Eppure, Gesù finirà proprio come Giona: preservato dal ventre della terra, come Giona da quello di un grosso pesce; tutti e due riemergeranno in superficie, ma il primo, come risorto, per vivere per sempre. “Ecco, qui c’è più di Giona!”, dirà Gesù nel Vangelo di Matteo (12,41). A Dio importa di noi. Se a Giona non importa nulla degli abitanti di Ninive, Gesù col miracolo risponde alle fortissime parole dei discepoli: “Non t’importa che moriamo?”. Grida al mare e li salva. Suggestivo il commento di sant’Atanasio: “Svegliarono la Parola, che era sulla barca con loro, e immediatamente il mare si placò” (Lettera 19,6).
Con la Parola è stato creato il mondo (Dio disse: “Le acque che sono sotto il cielo, si raccolgano in un solo luogo e appaia l’asciutto”; Gen 1,9), e ora Gesù è capace di ricomporre l’equilibrio tra il mare e la terra. Gesù ripete il miracolo narrato nel salmo: “‘Tu con potenza hai diviso il mare, hai schiacciato la testa dei draghi sulle acque” (74,13). Chi è costui? La scena si chiude con l’invito di Gesù alla fede. Per chi crede, non c’è da temere nulla, perché tutto concorre al bene, se si ama Dio; anche le tempeste della vita (Rm 8,28). Soltanto, la paura spesso ha il sopravvento, e quando questo accade, ci scopriamo tutti uomini di poca fede. Ma sul pericolo scampato prevale addirittura lo stupore, e tutti si domandano chi è Gesù.
Le parole che finora egli ha detto nel Vangelo di Marco, i miracoli che ha compiuto, non sono nulla di fronte a un così grande miracolo che coinvolge la natura, la creazione stessa. A questa domanda, chi è Gesù?, non si può rispondere facilmente; è l’impegno di una vita, o, almeno, il compito di ogni lettore che ha in mano il libro di Marco. È il lettore che dovrà perseverare per leggere tutto il Vangelo, e per scoprire, ma solo alla fine, che il Signore Gesù – come e più di Giona – l’ha avuta vinta sul mare e sulla morte.