Paolo Marchiori da cinque anni è malato di sclerosi laterale amiotrofica. Quando seppe della malattia e cosa lo aspettava la sua vita è cambiata. Ha attraversato tre anni di grande sofferenza fino a toccare la disperazione. Quanti anni avevi quando hai saputo della malattia? “Quasi quarantacinque. Non mi sono neanche arrabbiato. Ero sposato e mi sono ritrovato solo dopo la separazione. Non sapevo più cosa fare, dove aggrapparmi. Però sono stato sincero ho voluto subito parlarne, senza nascondere la malattia. Chi è in famiglia deve crescere con la malattia al pari del malato e condividere ogni cosa altrimenti c’è la morte”. E come hai reagito? “Ho cominciato a pregare, e un giorno sono entrato in una chiesa e ho chiesto aiuto al Signore. Entravo mezz’ora prima della messa e uscivo mezz’ora dopo perché mi vergognavo. Zoppicavo. Poi c’è stato il momento della confessione, non dal sacerdote, ma nel senso che mi sono aperto, mi sono detto che potevo solo chiedere scusa e perdono”. Chi hai perdonato? “Ho perdonato e ho chiesto scusa a tutti quelli che mi hanno fatto del male”. Lo hai chiesto espressamente? “Sì, perché noi diciamo che perdoniamo ma le macchioline rimangono dentro. Nessuno capiva perché mi inginocchiavo chiedendo il perdono a chi mi faceva del male. Perdonare è non avere odio, non avere rabbia. Dio mi ha dato veramente voglia di amare”. Dicevi che Dio non ti ha guarito …“Sì, ma mi ha esaudito. Fisicamente sono peggiorato, ma sto aiutando tanti disabili, tanti sofferenti e anche persone che fisicamente stanno meglio di me. Così ho capito che la vera guarigione è interiore. Un giorno sono entrato in ospedale ho visto un cerebroleso e lì mi è venuta una voglia di amare di abbracciarlo. Mi sono detto ‘se guarirò la mia vita sarà con i disabili, sarà con la sofferenza. Non sono guarito ma questo desiderio Dio me l’ha dato”. Cosa vuoi dire? “Mi sono inventato un miracolo oltre quello fisico e della fede. L’ho detto oggi ai ragazzi: il vero miracolo siamo noi, avviene quando riusciamo a non buttare via la giornata, quando arriviamo a sera e abbiamo donato qualcosa di noi stessi, abbiamo fatto qualcosa per qualcuno. È il miracolo dalla vita. Noi siamo qui per imparare ad amare e dobbiamo dare quello che possiamo, anche la più piccola cosa di noi stessi. Quando si parla di elemosina, e ci tengo a dirlo, tutti pensano alla carità dei soldi, ma Gesù non ha mai fatto elemosina in questo senso. Gesù ha fatto elemosina di se stesso, ha dato se stesso per far guarire gli altri”. Come è cambiata la tua vita dopo la malattia? “Mi sono separato da mia moglie. C’era un altro uomo, ma avevo anch’io le mie responsabilità. Ho scelto di uscire io di casa. Non ho odio, non ho rabbia. Io non volevo far star male gli altri. Sono andato a vivere in una cascina che era dei miei zii. È semplice, ma c’è luce, vita, vissuto, sincerità. Lì ho capito che le cose non sono proprio la felicità”. Cos’è la felicità? “È quella che vi ho detto prima. Io sto facendo tanto con i disabili ma non vado solo a parole. Prendo la macchina e vado a trovare il mio compagno che so che ha bisogno, sto là parliamo, vedo cosa gli serve e glielo procuro. Sai come lo chiamo? Egoismo puro positivo! Fa bene a me e fa bene agli altri perché alla fine dare ti dà gioia di vivere”. Quando eri sano non pensavi così? “Un sano che non trova un senso alla vita è un paradosso. Quando arriva la sofferenza si trova il senso della vita. Oso dire una cosa forte: la sofferenza è amore. Senza la sofferenza non si riesce a percepire quello che è amore. Non voglio dire che bisogna soffrire per conoscere l’amore, però è un passaggio. Dico di più: questa sofferenza, per me, sta diventando una vocazione ad amare di più”. Possiamo dire che tu hai colto questo perché qualcuno ti ha amato, altrimenti la sofferenza è disperazione …“Sì, è vero, la sofferenza è disperazione se sei lontano da Dio. Gesù ha detto che la vera felicità è nel suo regno, però non ha detto che non possiamo esser felici anche qui. Allora anche nella sofferenza puoi essere beato come nella vita normale però Lo devi incontrare. Se vivi nel suo amore le angosce ci sono, come ci sono le disperazioni e i momenti difficili, ma Lui è accanto a te non ti senti più solo”. Oggi hai parlato a tanti giovani, cosa gli hai detto? “Ho visto che c’è tanto bene in loro e gli ho detto di tirarlo fuori. C’è tanto bene e nessuno lo dice mai perché al giorno d’oggi viene esaltato solo il male. Hanno bisogno che qualcuno gli indichi la strada. Purtroppo oggi nei media sembra che la persona vale solo per quello che possiede, ma la felicità è appagata dal fatto che tu riesci a donare te stesso a qualcuno che ha bisogno. Lo ripeterò mille volte perché è quello che rende felice anche me”.
Il mio? Egoismo puro positivo
Testimonianza di un uomo in lotta con la malattia
AUTORE:
Maria Rita Valli